Giovanni Turi è editor e direttore editoriale di TerraRossa edizioni, una casa editrice indipendente che vive di qualità, coraggio e ricerca, ponendosi come obiettivo una narrativa che non sia soltanto di intrattenimento, ma anche frutto di sperimentazione stilistica e di un’indagine sul nostro tempo. Uno di quei piccoli mondi editoriali che devono fare i conti con sogni e vendite, creatività e costi, speranze e ricavi, artigianato e fatica, sguardo al cielo e piedi per terra, realtà sempre più indispensabili per il loro nobile impegno a difendere l’ideale, stimolare il dibattito letterario, rifiutare le mode, inseguire la bellezza. Tra i titoli di TerraRossa, ben selezionati e curati, spiccano i romanzi di Daniele Petruccioli, Cristò Chiapparino, Enrico Macioci ed Ezio Sinigaglia, quest’anno selezionato per la seconda volta al premio Strega con il suo magnifico “Sillabario all’incontrario”: tutti accumunati dalla capacità di osservare il reale attraverso un’angolatura inedita, dall’abilità nel narrare una storia e nella sperimentazione del linguaggio, dal talento di catturare e appassionare il lettore.
Giovanni Turi è una persona affabile, accogliente, e soprattutto – prendendo in prestito le parole dello scrittore Piersandro Pallavicini – è un editore appartato, colto, elegante e coraggioso.
Ecco la sua intervista, liberamente ispirata al Questionario di Proust:
Il tratto principale del tuo carattere? L’empatia o la pazienza, credo.
Il tuo peggior difetto? La difficoltà a contenere l’ansia.
Cosa apprezzi di più dei tuoi amici? Di alcuni l’acume, di altri la simpatia e di altri ancora il semplice affetto.
Cosa cerchi o cosa ti colpisce in un manoscritto per decidere di pubblicarlo? Lo stile, l’abilità dell’autore nel creare un nuovo linguaggio, un nuovo ritmo o una struttura narrativa inedita.
È la seconda volta che lo scrittore Ezio Sinigaglia viene segnalato al Premio Strega, prima con “L’imitazion del vero” e quest’anno con “Sillabario all’incontrario”, ai quali aggiungiamo “La casa delle madri” di Daniele Petruccioli: cosa si prova a essere un piccolo editore che raggiunge lo Strega e quale valore ha per te? Molta emozione e altrettanta soddisfazione: soprattutto centrare la dozzina era impensabile e invece per me è stata la dimostrazione che qualità e talento di alcuni scrittori possano e debbano affermarsi (e merito va dato anche alla Giuria del Premio Strega per l’attenzione).
“Sillabario all’incontrario” è un libro bello e sorprendente, come lo descriveresti a chi non l’ha ancora letto? Un’opera inclassificabile, di grande letteratura, in cui l’autore (insieme a ciascun lettore) fa i conti con se stesso, con i sensi di colpa, con i desideri esauditi e non.
Nella tua squadra ci sono altri due scrittori che ammiro molto: Enrico Macioci e Cristò Chiapparino. Quali sono le loro doti principali? Le medesime di tutti gli autori che pubblico: una grande consapevolezza dei propri strumenti espressivi e uno sguardo che sa penetrare la realtà, frantumarla e ricomporla sulla pagina.
Uno scrittore/una scrittrice imprescindibile? È una domanda imbarazzante la cui risposta cambia sempre, questa volta opto per Stefano D’Arrigo, William Faulkner e Virginia Woolf.
Il tuo passatempo preferito? Leggere vale?
Cosa sogni per la tua felicità? Una società più giusta, consapevole, attenta (di lettori, va da sé).
Cosa detesti? L’arroganza, l’egoismo.
Prendendo in prestito il titolo del tuo blog, com’è la vita da editor? Molto stressante (soprattutto se alla figura dell’editor si somma quella dell’editore).
Il principale difetto degli esordienti? Talvolta l’insicurezza che si traduce in un trincerarsi sulle proprie posizioni, ma è legittimo, per cui sarebbe più giusto rispondere: nessuno in particolare.
In cosa i social hanno peggiorato e in cosa hanno migliorato l’editoria in Italia? Forse hanno contribuito a renderla più superficiale, volta all’apparenza e all’immediatezza piuttosto che ai contenuti e alla perseveranza, ma hanno anche concesso spiragli prima impensabili.
Quale obiettivo dovrebbe porsi la narrativa? Nessuno. Raccontare e cercare di farlo in una forma inedita appartengono già alla sua essenza.
Ti sei mai pentito di aver rifiutato un libro? Ci sono stati libri che ho rifiutato e hanno poi ottenuto successo, ma le ragioni per le quali non li ho pubblicati prescindevano da considerazioni di natura commerciale. C’è però un giovane autore al quale avrei voluto concedere più attenzione ma, forse a torto, mi hanno scoraggiato il tema, l’ambientazione delle sue storie.
Rispetto alla maggior parte dei grandi editori, la piccola editoria indipendente punta su qualità, coraggio, passione, sperimentazione. Se c’è, qual è il prezzo? La precarietà economica, anche perché la comunità dei lettori italiani è piccola e per lo più disattenta.
Esistono supereroi nella vita reale? Sì, uno è mio padre, per come ha saputo affrontare il lutto, la malattia, la complessità dei suoi figli.
Un dono che vorresti avere? Più serenità.
Hai un rimpianto o un rimorso? Sì, avrei voluto fare semplicemente l’editor in piena libertà e non dover essere anche editore per potermelo concedere.
Se potessi andare a cena con un premio Nobel per la letteratura, chi sceglieresti? Forse Albert Camus o Svetlana Aleksievič per la lucidità del loro pensiero.
David Foster Wallace diceva che leggere libri non ci fa sentire soli – intellettualmente, emotivamente, spiritualmente – in un modo che non credeva possibile con altre arti. Sei d’accordo? C’è qualcuno che può negarlo?
Per cosa vorresti essere stimato? Per l’impegno e la cura che metto in quel che faccio.
Lascia scritto il tuo motto della vita: “La letteratura è una difesa contro le offese della vita” di Cesare Pavese, anche se a lui non è bastato.