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Inchiesta palazzo Centi: ripetute indebite pressioni sulla commissione, spuntano altri quattro indagati

Redazione Centrale di Redazione Centrale
17 Febbraio 2017
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L’Aquila. Pressioni su ditte concorrenti “manifestando forti ‘entrature’ nell’ente Regione Abruzzo al fine di condizionare la composizione della commissione tecnica, con conseguente ‘raccomandazione’ verso commissari ritenuti compiacenti”. È quanto si legge nel dispositivo di perquisizione emesso dalla procura aquilana in merito all’appalto per la ricostruzione di palazzo Centi, sede della Regione fino al sisma del 2009 e che, ieri ha portato all’iscrizione sul registro degli indagati di 7 persone e, oggi, di altre quattro per induzione indebita. I Carabinieri del Noe ­ si legge sempre nel decreto di perquisizione, grazie alle intercettazioni, hanno dimostrato che “effettivamente sono state esercitate ripetute indebite pressioni per la formazione di una commissione tecnica ­ diversa da quella che poi è risultata effettivamente nominata ­ e che, comunque, i componenti della commissione sono stati successivamente avvicinati per la valutazione delle offerte tecniche depositate dalle ditte”. Dalle intercettazioni emerge che “la Iciet Enginereeng di Castelli (Teramo) doveva essere avvantaggiata, vista anche la conoscenza da parte del titolare Rosa Eugenio dei risultati della Commissione Tecnica prima che gli atti diventassero pubblici, e che dalle medesime attività tecniche si è appreso che lo studio di progettazione incaricato dalla Iciet (‘Archidee architetti associati’ di Montesilvano) aveva avuto la disponibilità delle progettazione preliminare ben ‘quattro mesi prima della pubblicazione del bando'”. Il pm Antonietta Picardi, nel dispositivo scrive che i “Carabinieri hanno riferito elementi che fanno ritenere altamente probabile che i verbali redatti dalla Commissione tecnica siano viziati da false attestazioni su diversi aspetti e che, inoltre, la stessa graduatoria sia stata ‘modificata’ dopo il termine effettivo di conclusione dei lavori della Commissione stessa”.

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Si arricchisce di un nuovo capitolo l’indagine sull’appalto per la ricostruzione post­terremoto di palazzo Centi all’Aquila uno dei tre filoni dell’inchiesta della procura della Repubblica del capoluogo su una serie di appalti gestiti dalla Regione. Un filone in cui non è indagato il governatore D’Alfonso. Per Palazzo Centi, oggi, all’atto della proroga delle indagini, dopo i sette di ieri, sono stati notificati altri quattro avvisi di garanzia. Sono rivolti all’ex dirigente del ministero dei Beni Culturali Berardino Di Vincenzo, ora in pensione, al figlio Giancarlo, tecnico progettista, e agli imprenditori Giancarlo Di Persio e Mauro Pellegrini, titolari della impresa Dipe, già finiti nei guai in due precedenti inchieste, una in particolare su presunte mazzette nella ricostruzione privata. L’accusa è di induzione indebita a dare o promettere utilità, la cosiddetta “concussione depotenziata”. Secondo l’accusa, Berardino Di Vincenzo avrebbe indotto i due imprenditori a stipulare una consulenza con il figlio Giancarlo, incaricato di stilare il progetto con il quale la Dipe ha partecipato al bando di gara del valore di 13 milioni di euro per palazzo Centi, che si è aggiudicato la ditta General Costruzioni di Venafro (Isernia) con un ribasso del 35%. In cambio, sempre secondo la procura dell’Aquila, Di Vincenzo avrebbe assicurato un interessamento per la gara alla luce dei suoi buoni rapporti con il governatore. Ieri su questa commessa pubblica, caratterizzata da ritardi e cambi di commissione di gara, erano stati notificati sette avvisi di garanzia a funzionari regionali, professionisti esterni e un imprenditore con l’accusa di corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio. Secondo la procura e i carabinieri del nucleo operativo ecologico (Noe), ci sarebbe stato il tentativo di favorire la Iciet Engineering di Castelli (Teramo), che è arrivata terza nella gara.

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