Chieti. La scultura è la rimozione del superfluo poiché per far emergere le forme è necessario asportare l’inutile dando virtù alle rappresentazioni. La metodologia dello scultore è esattamente come la costruzione dei rapporti umani quando vengono “scolpiti” rimuovendone gli “ingombri” al fine di circondarsi di anime affini. Ebbene, la scultura rappresenta proprio questo principio, ovvero racchiude l’anima dello scultore con affinità verso la stessa. Costantino Barbella, nacque a Chieti nel 1852 e nel 1925 la sua vita cessò lasciandoci in dono la sua pregevole arte scultorea. Con le sue umili origini, si dilettava per pura passione a modellare statuine per presepi e poiché erano delle produzioni nella struttura dettagliate e molto apprezzate dagli attenti osservatori, le vendeva nella sua bottega trasformando questo suo hobby anche in un’attività incoraggiante.
Si specializzò in creazioni di piccolo formato, in bronzo o in terracotta, dopo che il grande pittore locale Francesco Paolo Michetti, accorgendosi delle sue potenzialità, lo invitò a partecipare ad un concorso indetto dalla provincia di Chieti, al fine di creare un’opportunità all’amico Barbella nel caso fosse stato in grado di vincere una borsa di studio con la quale poter frequentare la grande scuola d’arte di Napoli. Barbella ascoltò con piacere il prezioso consiglio e riuscì in questo intento, vincendo la borsa di studio e frequentando poi quella scuola tanto amata dallo stesso. Le sue opere sono frutto di ideazioni tradizionali che caratterizzano l’amore per il suo popolo abruzzese, come il capolavoro della “Scannese” descrittivo nell’abito che indossa e riguardante le tradizioni di un tempo che creavano una forte suggestione visiva identificando nel vestiario i luoghi caratteristici.
Barbella dopo essersi affermato con un susseguirsi di successi nel panorama internazionale, continuò a motivare la sua vita con le radici dell’umiltà e con grande attenzione e rispetto portò avanti i suoi lavori legati alla terra abruzzese e alla simbologia intrisa in essa. “Il canto d’amore” è in particolare una delle opere tanto apprezzate dalla critica poiché raffigura tre donne scolpite su pietra bianca che cantano romanticamente mentre camminano. Soffermandoci sulla rappresentazione, ci sembrerà di percepirne il canto che scivola come fosse vento sui cuori innamorati e, penetrando nella loro magica spensieratezza, ne circoscrivono il buon sentimento che le circonda. D’altro canto se prendiamo in prestito le parole del saggio orientale Mahatma Gandhi troveremo la stessa ricchezza spirituale che è incentrata in questa scultura di Barbella, ovvero che “Le parole che escono da un cuore puro non cadono mai invano”. Ed è proprio attraverso quella purezza tanto desiderata da Gandhi che possiamo beneficiare dell’amore e della bellezza della vita. In altre parole, possiamo definire le opere dello storico scultore una produzione poetico-visiva incentrata sui valori semplici, puri e quotidiani che al contempo difendono la cultura locale dando voce al prestigio dell’autenticità.
Un’altra immagine che lo ricorda per la sue romantiche ‘creature d’amore’ è certamente il bellissimo bronzo “Soli o Canestro d’amore” raffigurante due amanti mentre si baciano coperti da un grande cesto e, con i loro abiti popolani, ci fanno percepire che le loro attività lavorative, sicuramente faticose, inducono fierezza per la costruttività proprio come quel cesto sopra i loro volti che simboleggia il valore dell’amore nella condivisione del mestiere che li unisce. I dettagli conducono la scena in un’accurata analisi che ci fa fantasticare il profumo della natura, della campagna e di quel poco che fa stare tanto bene. La definirei quindi un’opera scultorea introiettata sullo stato emotivo che accoglie la vita con la giusta espressione e lascia fluire una bellissima massima di Socrate, ovvero che “L’uomo più ricco è quello che si accontenta di poco, perché la contentezza è la ricchezza data dalla natura”. E nella natura possa continuare a vivere il concetto dell’inestimabile bellezza che ci ricorda ogni giorno il dono della vita e del buon sentimento che, per mezzo dell’arte, della cultura e della parola ci è dato apprendere con profonda gratitudine.