George Byron, poeta inglese che visse tra 700 e 800, scriveva dell’atto amoroso: “La fatica è tanta, la posizione ridicola, il godimento breve.” Fu uno sperperatore d’amplessi, amante spregiudicato e al centro di ripetuti scandali. Sulla materia, dalla notte dei tempi, non c’è il pensiero unico tanto che a suo tempo un anonimo istruiva l’amante: “Mia signora, la soavità della vita è nella varietà delle pose.”
Lo scrittore americano Henry Miller, in ‘Tropico del cancro’, racconta la sua vita dissoluta a Parigi, descrivendo in presa diretta e con sintesi efficace la concitazione dell’amore di gruppo: “Sta venendo il mondo intero”. Miller scelse di essere squattrinato e libero, sempre immerso in un rutilante universo carnale. Talvolta si affezionava a una prostituta ricordandola così: “Avevi quel modo di porgermi il cespuglio di rose…un modo che mi resta qui, indimenticabile”.
Gabriele D’Annunzio, si sa, era l’insuperato cantore del settore. Compose ‘La pioggia nel pineto’, un capolavoro, ma si ricordano anche altri versi: “…E andiam di fratta in fratta, or congiunti or disciolti…” Il suo segretario, Tommaso Antongini, che conobbe a Firenze, teneva a precisare: “Seno grammaticalmente è singolare ma per fortuna sono due”
Milan Kundera, grande scrittore ceco, scriveva a sua volta con approcci più sfumati: “La civetteria femminile è una promessa di coito non mantenuta.”
In età avanzata dei bollori libidinosi restano vacui vapori ed è calzante la descrizione di un anziano e ormai disincantato signore: “A una certa età si alza solo la pressione”
Dai grandi personaggi del cinema si apprezza la modestia con cui smentivano, senza troppa credibilità, la fama di sciupafemmine: “Ho avuto meno donne di un geometra”, si schermiva Marcello Mastroianni