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Il monumento di Pupo Nunzio ci travolge nelle più dure riflessioni

Alessia Pignatelli di Alessia Pignatelli
19 Agosto 2022
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Castel del Monte. Questa è una storia dai segni amari, incancellabili su di un monumento, incancellabili sulle nostre vite. Ci troviamo a Campo Imperatore nell’area di Fonte Vetica e qui, un bellissimo monumento dedicato al pastore Pupo Nunzio e alla sua famiglia, prende la scena in un gruppo di statue scolpite su pietra bianca.

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Nella rappresentazione scultorea, vi è infatti raffigurato il pastore con i suoi due bambini, di cui, un figlio lo tiene per mano e l’altro lo sorregge sulle spalle mentre, il suo cane pastore abruzzese lo fiancheggia in segno di fedele compagnia. In questa interpretazione artistica, vi è manifesto il dolore profondo dato dal disperato tentativo di salvarsi da una violenta tempesta. Invece, dall’altra parte del gruppo monumentale e, poco distante dallo stesso, vi è raffigurata sua moglie che, con una espressione di angoscia, tende le sue braccia verso il marito e i suoi figli.

Questo tragico racconto ha inizio nel 1919 quando, in un autunno mite, il pastore Pupo Nunzio decise di non andare subito verso i pascoli più idonei come quelli della Puglia, per restare ancora un po’ accanto alla sua famiglia. Si narra che tra il 13 o forse il 17 o 18 ottobre, il pastore avesse portato con sé al pascolo i due figlioletti per concedersi l’opportunità di trascorrere con loro gli ultimi giorni della sua permanenza prima di dare il via alla transumanza. Purtroppo però, quella giornata si trasformò ben presto in un incubo, poiché in poco tempo si dirottarono delle irruenti incursioni ventose e cominciò a nevicare. Travolti inaspettatamente da quella violenta tempesta, tutti e tre persero la vita, compreso il suo affezionato cane e le sue cinquemila pecore.

La moglie, non vedendo rientrare il marito e i suoi figli, si mise in cammino da sola, senza curarsi del grandissimo rischio a cui si stava sottoponendo, così, tra il gelo e il grande dolore affettivo nutrito per la sua famiglia, venne anch’essa travolta dalla condanna a morte. I resti della famiglia furono ritrovati solo nella primavera successiva quando, le nevi, incominciarono a sciogliersi. Ad oggi, questo nucleo familiare rappresenta un enorme simbolo di rispetto verso quelle vite che si sacrificarono al duro lavoro sui monti e, nel 1987, lo scultore di Calascio Vicentino Michetti, grazie alla sua generosa sensibilità, dedicò il suo operato a questa tragedia, al fine di rendere questo contesto, un eterno messaggio di riflessione.

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