L’Aquila. Quando si parla dei settori che la pandemia del Covid sta mettendo in ginocchio si pensa subito al turismo, ma c’è un settore strettamente collegato al turismo, che rischia il collasso definitivo. Si tratta del settore dei trasporti legati al turismo, ovvero i bus che si occupano di gite scolastiche e viaggi, che in questi mesi hanno visto azzerare il loro fatturato.
I posti di lavoro a rischio sono quasi 25.000, suddivisi in 6.000 imprese, che ogni anno smuovono un fatturato di circa 2,5 miliardi di euro. Ma la crisi di questo settore è ben più grave di quello che si possa pensare, perché può trascinare nel baratro anche altri settori, in primis quello petrolifero. Ogni anno gli autobus consumano 450 milioni di litri di carburante, che si ripercuotono anche sulle entrate dello stato (270 milioni di accise che non verranno versate) e dei comuni attraverso il meccanismo dei ticket bus (3 milioni di euro), che così potrebbero entrare in crisi di bilancio.
Gli altri settori collegati potenzialmente a rischio sono le guide e gli accompagnatori turistici, le officine specializzate, i carrozzieri, le assicurazioni, i gommisti e tutti i settori collegati all’autotrasporto.
Quale futuro? Secondo il comitato dei trasportatori turistici la cassa integrazione, le moratorie e i 25 miliardi di euro stanziati dal governo non saranno sufficienti a fronteggiare la crisi, ma ne servirebbero almeno il doppio. Un’altra proposta è quella di utilizzare il trasporto privato per effettuare corse suppletive al trasporto pubblico, che si trova in evidente difficoltà di posti per adempiere alle normative sul distanziamento sociale. Con le nuove normative, infatti, in un bus di 50 posti potrebbero entrare non più di un quarto dei passeggeri. Si spera insomma in un rapido intervento della politica, affinché venga scongiurata la chiusura di un settore che potrebbe innescare un effetto domino ben più pesante di quello che si è portati a credere.