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Grotta di Rapino: i miti di Achille e Maia nell’identità marrucina-teatina

Francesca Lelli di Francesca Lelli
25 Aprile 2021
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Chieti. Il giornalista e storico marrucino Cristiano Vignali ci racconta in modo ricco di informazioni e di passione la storia delle identità storiche e culturali dell’area marrucina-teatina, in un periodo come il presente in cui le identità particolari sono sempre più a rischio estinzione nella società digitale.

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“Un simbolo dell’identità teatina è sicuramente l’Achille a Cavallo”, dichiara Vignali, “che è sullo stemma comunale della città di Chieti che richiama il mito della fondazione di Teate da parte del Pelide Achille e/o dei suoi guerrieri Mirmidoni in onore della madre dell’ eroe omerico la Ninfa Teti, e il busto di Achille che era posizionato fino al Seicento in Piazza San Giustino (altro luogo identitario) che gli ‘Achilliani’ hanno fatto ricostruire dal Maestro Tonino Santeusanio e che, Sovrintendenza permettendo, vorrebbero posizionare alla Villa Comunale di Chieti vicino alla fontana monumentale del Nettuno. Il busto del Pelide Achille, secondo l’idea degli ‘Achilliani’, dovrebbe essere posizionato su un basamento di pietra della Maiella, e più precisamente di una cava di Rapino (Ch), per suggellare ancora di più il legame con i miti e le vicende storiche che caratterizzano l’identità teatina.
Come mai una roccia della Maiella, prelevata da un sito di Rapino, è alla base dell’ identità cittadina del Capoluogo Marrucino di Chieti?”

La risposta è da ricercare nelle origini della Touta Maruca, secondo Vignali, “ossia del popolo/tribù dei Marrucini che, in base ai riscontri storici-archeologici, hanno uno dei loro nuclei originari proprio nel Comune di Rapino, in località Civita Danzica e nella Grotta del Colle”.

“Civica Danzica era una città con mura fortificate megalitiche”, prosegue, “tipiche degli insediamenti marrucini, della Touta Maruca, o Civitas Marrucinorum, di cui Teate/Chieti era la capitale, città nata successivamente, allorché i Marrucini decisero di stanziarsi più vicino all’Adriatico, in un’area collinare più facilmente raggiungibile dai mercanti provenienti dal mare, Ellenici e Fenici, ma anche da quelli proveniente dall’interno, Etruschi e Sanniti che si spostavano sui tracciati degli antichi tratturi”.

“Sul colle opposto di Civita Danzica c’è la Grotta del Colle”, spiega Vignali, “uno dei luoghi sacri più antichi e particolari d’Abruzzo, una grotta rupestre naturale in pietra della Maiella, la montagna madre, sacra per i popoli italici che abitavano alle sue pendici (Marrucini,Peligni e Frentani), dove sorgeva un santuario dei Marrucini, in onore della Gran Madre, a cui si può ovviamente collegare indirettamente la leggenda italico – ellenica di Maia e di suo figlio Hermes, morti e trasformati per sempre da Giove, padre degli Dėi nella Maiella e nel Gran Sasso (vedi anche il mio romanzo mitologico del 2017 ‘La Leggenda della Nascita del Gran Sasso e della Maiella’)”.

“Siamo stati più volte a visitare con Abruzzo Tourism, il sito archeologico-naturalistico della Grotta del Colle di Rapino”, prosegue, “segnalando all’opinione pubblica e agli enti competenti l’incuria del luogo caro all’identità marrucina che necessita di un intervento di riqualificazione, a cui si aggiunge la chiusura (fino a quando?) del Museo Archeologico Nazionale della Civitella di Chieti, dove è custodita la Dea di Rapino, la statuetta in onore della Gran Madre dei Marrucini, a cui è santificata la Grotta. Tutto ciò a testimonianza di come vengono purtroppo mal tenuti i luoghi dell’identità storica locale e del turismo culturale in Italia e in Abruzzo particolarmente”, denuncia laconico.

“Pertanto, ai fini di sensibilizzare l’opinione pubblica al problema, abbiamo, nei video girati in Grotta con Abruzzo Tourism”, spiega, “documentato anche la storia e le caratteristiche della Grotta del Colle di Rapino, ancora poco conosciuta e da valorizzare ai fini storico-turistici”.

“I reperti archeologici ritrovati attestano che la grotta è frequentata a partire dal Paleolitico superiore e dal Neolitico, passando per le Età dei Metalli, sino al I millennio prima dell’Era Comune che culmina nel culto marrucino di Maruca, sincretisticamente assimilato a quello della divinità romana-italica ‘Cerere Giovia’, uno degli appellativi della Grande madre dei Marrucini”, aggiunge, “a tal proposito, i manufatti sacri ritrovati, la cosiddetta Dea di Rapino, una statuetta del VI secolo prima dell’inizio dell’era cristiana, nell’atto di donare alla Gran Madre un piattino con tre spighe di grano e la Tabula Rapinensis, una placca bronzea con delle formule religiose scritte in lingua osco – marrucina (dove si trova attualmente ?), fanno pensare che nella Grotta oltre ai riti ctonei magico-religiosi, come l’Incubatio, si svolgessero riti propiziatori della fertilità”.

“Pertanto, la scelta degli ‘Achilliani’ di utilizzare per il basamento del busto di Achille pietra della Maiella Madre, cioè della Touta Maruca di Rapino, assume un forte significato simbolico ed esoterico, legato alle radici stesse storiche dell’identità marrucina che collega inesorabilmente la storia marrucina al mito della fondazione di Teate/Chieti da parte di Achille e a quello di Maia che spiega altresì la sacralità della Maiella, montagna madre dedicata alla Ninfa Maia” conclude l’intervento.

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