Verona. Dall’arrivo in Italia, dopo il delitto di Giulia Cecchettin, Filippo Turetta si trova presso il carcere di Montorio. Reparto Infermeria. Ha avuto solo un incontro con i genitori. Gioca a carte con il compagno di cella. Uno psicoterapeuta lo monitora ogni giorno. Il suo caso è delicato, conferma il Corriere della Sera. Compirà ventidue anni tra pochi giorni. Si teme che potrebbe essere, per lui, un momento ancora più delicato. Rischierebbe un crollo emotivo.
Nel frattempo, si tenta di valutare la personalità di Filippo. Si vaglia la possibilità che avesse evidenziato indicatori di una possibile premeditazione del delitto. È emerso che, prima dell’aggressione mortale nei confronti di Giulia, il giovane aveva incontrato degli psicologi, che presto verranno sentiti dai Carabinieri di Venezia.
Sembra che proprio la giovane vittima avesse convinto Turetta a recarsi da uno specialista. Era esasperata dai continui messaggi che l’ex fidanzato le inviava sul cellulare e dalla sua estrema possessività.
Turetta si era rivolto a uno psicologo all’inizio di settembre, primo appuntamento il giorno 22. Successivi colloqui il 3, il 17 e il 27 ottobre. L’ultimo risale al 4 novembre. Una settimana prima del delitto. Filippo aveva poi prenotato un’altra seduta, il 17 novembre. A cui non si era recato perché in fuga dopo l’omicidio di Giulia.
È trapelato qualcosa dei colloqui di Turetta con gli psicologi dell’Asl 6 Euganea. Lo riporta Fanpage. Il giovane avrebbe confidato i suoi problemi relazionali e quelli connessi ai suoi studi. Pare abbia parlato del rapporto con Giulia, appena conclusosi. Della sua difficoltà ad accettare la fine della relazione. Se gli inquirenti ricercano, nelle conversazioni con gli psicologi, indizi di premeditazione del delitto, la difesa di Turetta potrebbe richiedere una consulenza psichiatrica che evidenzi eventuali disturbi da cui potrebbe essere affetto il 21enne.
“Come sarebbe andata se fin dall’inizio fosse andato subito da un medico, uno psichiatra ad esempio, e non da uno psicologo?”. È quanto si chiede, a proposito di Filippo Turetta, il neurologo e scrittore Rosario Sorrentino. “Mi sono chiesto come sarebbe potuta andare se Filippo avesse ricevuto una cura adeguata per contenere la sua rabbia, i suoi tormenti, le sue ossessioni”, ha considerato Sorrentino in un’intervista al Corriere. “In questo, come in altri casi, andrebbe rispettata la priorità: prima si va dal medico, dallo specialista che valuta e dà una terapia, che ti stabilizza. Poi, in seconda battuta, inizia il percorso psicologico.”
Se il giovane fosse stato visitato da un medico si sarebbe potuta evitare la tragedia? “Forse sì o forse no”, ha risposto il neurologo. “Ma quello che è accaduto ci deve far riflettere. Il cervello è un organo come gli altri, quando c’è una persona che ha un tormento, un disturbo di natura psichiatrica, deve andare da uno specialista o anche dal medico di famiglia. La cura, all’inizio, non è né l’ansiolitico, né la pillolina consigliata dall’amico di turno. La cura deve mirare a ristabilire un equilibrio mentale e la deve dare un esperto. Il disagio può essere la punta dell’iceberg. Per esempio la rabbia è un’emozione che va sempre indagata, approfondita, che può essere la spia, l’allerta di qualcosa di molto più serio. Quando chi ha questi problemi arriva da uno psicologo, lui dovrebbe subito indirizzarlo da un medico.”
“Non basta andare dallo psicologo”, ha dichiarato inoltre Sorrentino ad Adnkronos Salute. “Turetta ne ha cambiati diversi senza mai essere indirizzato da uno psichiatra. Questo non deve più accadere.”