Pescara. “È sorprendente che l’Anpi territoriale, una e bina, debba per consueto spirito di polemica e di visione politicizzata della storia criticare l’intitolazione del giardino di piazza Italia alla memoria di Norma Cossetto, medaglia d’oro al valor civile attribuita dal presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi”. È la risposta del Comune di Pescara all’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (Anpi) di Pescara, che ha definito l’intitolazione “l’ennesimo atto di bullismo politico dell’amministrazione comunale di Pescara, che si inserisce nella strada già tracciata da altre discutibili “iniziative culturali” tese a riabilitare un passato di cui c’è poco da gloriarsi”.
“È sorprendente” scrive il Comune di Pescara “che si debba artatamente speculare sulla vicenda di una giovane donna incarcerata senza alcuna colpa dai partigiani comunisti titini, stuprata per una notte da 17 aguzzini sul tavolaccio di una scuola, seviziata e gettata viva in una foiba per odio etnico, politico e ideologico. Se non si comprende questo non si comprende nulla su un crimine, purtroppo non il solo, commesso non in una terra occupata, come si tenta di far credere, ma in Italia e su un’italiana. Quindi non sorprende affatto l’assenza dell’Associazione partigiani dal novero delle associazioni combattentistiche e d’arma alla cerimonia di intitolazione, che ha fatto seguito a un provvedimento in tal senso del consiglio comunale di Pescara di cui l’amministrazione va fiera non come atto politico ma come gesto di pietas, sicuramente condiviso dai pescaresi ben oltre le convinzioni fallaci dei censori della memoria a senso unico. Spiace rilevare che per partito preso l’Anpi debba cercare uno scontro lì dove invece occorrono in primo luogo conoscenza ed equilibrio, e poi un doveroso e commosso ricordo nel segno della concordia” conclude il Comune di Pescara.
Queste le parole dell’Anpi sulla vicenda: “Non è in discussione che l’omicidio di Norma Cossetto rappresenta un crimine e che come tale va condannato; è in discussione il contesto in cui maturò quella tragedia, contesto che, come nella migliore rappresentazione del mito che vede gli italiani sempre buoni e vittime, viene semplicemente “dimenticato”. Non contestualizzare non è mai buona norma, e allora andrebbe aggiunto che in quelle zone l’occupazione nazista e fascista fu tutt’altro che tenera, toccando punte di violenza inaudita, e che quell’occupazione non fu richiesta né voluta dalle popolazioni autoctone”.
“Ha ragione il sindaco” continua l’Anpi “quando sostiene che “non possiamo più minimizzare né ignorare il passato” e che dobbiamo conoscere la storia anche quando non ci piace; siamo d’accordo che non si può abbassare la guardia a difesa della libertà e della democrazia; e siamo d’accordo che libertà e democrazia sono valori da condividere e da non mettere mai in discussione. Ma bisognerebbe sapere che libertà e democrazia non fanno parte del bagaglio culturale e ideologico del fascismo e dell’Italia fascista che scatenarono la guerra e si macchiarono di una infinità di nefandezze. Quando l’8 settembre 1943 ci fu il crollo delle amministrazioni civili e militari, che determinarono la morte della patria nell’accezione fascista, fu tempo di scelte: non si può mettere sullo stesso piano gli italiani che optarono per il nazifascismo e gli altri che lo combatterono.
Seppure senza colpe, Norma Cossetto rappresentava (o veniva percepita come tale) una parte ben definita, la stessa che oggi e da anni brandisce la tragedia delle foibe e dell’esodo per parificare torti e ragioni ripetendo la litania della pulizia etnica e dell’italiano sempre vittima e mai colpevole di nulla” afferma l’Anpi.
“La guerra è la peggiore sciagura che possa investire interi continenti; ma ha una genesi, una sua storia, una responsabilità. Molte donne sono morte in quella guerra, giovani e meno giovani, sempre italiane ma non identificabili con la parte politica che la guerra l’aveva voluta. I giardini di piazza Italia andavano intitolati a esse” conclude l’Anpi.