Pavia. Continua la nuova indagine sul delitto di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007. Per l’omicidio è stato condannato in via definitiva il fidanzato Alberto Stasi, ancora impegnato a scontare la pena inflittagli e recentemente è stato iscritto nel registro degli indagati Andrea Sempio, amico del fratello della vittima.
“Girandoci attorno, non troviamo un movente sufficiente né per Stasi né tantomeno per Sempio né per nessun altro a commettere un omicidio di questo genere”, ha dichiarato, nel corso della più recente puntata della trasmissione Quarto Grado, l’avvocato Massimo Lovati che, insieme alla collega Angela Taccia, assiste l’indagato. “Quando un omicidio è senza movente la letteratura criminologica ricorre alla figura del sicario”, ha spiegato il legale.
Omicidio su commissione, dunque, commesso da quello che il Crime Classification Manual dell’F.B.I. definisce “contract killer”.
E cosa avrebbe indotto eventuali mandanti ad assumere un sicario? “Anche in quel periodo, nel Santuario delle Bozzole, che dista trecento metri da casa Poggi, oltre che esserci l’oratorio, si praticava l’esorcismo”, argomenta Lovati. “Questo è risaputo. Nel 2012, c’è uno scandalo: vengono arrestati due ragazzi rumeni che compiono un’estorsione ai danni di più sacerdoti e che riferiscono di aver accertato che in quella località non solo si praticava l’esorcismo, ma anche la pedofilia.” “Il filo comune è la pedofilia”, propone il legale, “Chiara aveva visto, praticava l’oratorio. Era diventata scomoda perché aveva saputo determinate cose, allora l’hanno eliminata.” E conclude: “Ripeto che è una mia sensazione, non ho prove o indizi.”
In effetti, però, l’ombra della pedofilia si è profilata ciclicamente nella vicenda, come certi fiumi sotterranei che a tratti emergono in superficie per poi tornare a scomparire nelle viscere della terra.
Nel 2009 un consulente tecnico della famiglia Poggi, parte civile nel procedimento allora in corso, ha esaminato una chiavetta usb utilizzata da Chiara. In essa, tracce di ricerche su “morti sospette”, “anoressia” e “pedofilia”. In particolare, tre file pdf denominati “Pedofilia 1, 2, 3” riportavano articoli di giornale dedicati al tema.
Perché, nei mesi precedenti il delitto, la vittima si era interessata alla pedofilia? Le ricerche in tal senso da lei effettuate possono porsi in relazione con il suo omicidio?
15 agosto 2007, due giorni dopo la morte di Chiara. Dinanzi a due ufficiali di polizia giudiziaria della Compagnia di Vigevano, ricorda DarkSide. Storia Segreta d’Italia, è comparsa Paola Cappa, una delle due cugine della vittima. Ha riferito dei suoi rapporti con Chiara, spiegando che, nel corso dell’adolescenza, si sono frequentate molto di rado e riavvicinate solo più di recente.
In risposta a una domanda dei Carabinieri, Paola ha formulato un’ipotesi su chi potrebbe aver commesso l’omicidio. “Voglio aggiungere che dovete cercare l’omicida tra i suoi ex colleghi di Pavia e gli attuali di Milano”, ha detto, “in quanto secondo me ha potuto avere delle avance non corrisposte da qualche uomo che non ha accettato il rifiuto, facendosene una vera fobia e, studiate le abitudini di Chiara in questa settimana, ha agito d’impulso.”
“Ho questa sensazione perché anche se Chiara, almeno con me, non si è mai lamentata di qualche avance ricevuta da colleghi, può essere invece che sia capitato e che, avute le avance, non ne abbia parlato con nessuno, perché la cosa la spaventava”, ha aggiunto Paola Cappa.
Ed ha spiegato questa asserzione riferendo di aver subito, da bambina, molestie da parte di un uomo adulto. Molestie che per lungo tempo ha avuto difficoltà a raccontare ai genitori. Unica persona al corrente di ogni aspetto della circostanza, “il mio ex ragazzo Alessandro”. A lui, la giovane avrebbe riferito anche il nome del molestatore pedofilo.
Con riferimento a quanto riportato da Paola agli investigatori, un quotidiano on line, MowMag, aggiunge un ulteriore particolare connesso con la pedofilia, a quanto pare direttamente riguardante la vittima: la Cappa avrebbe rivelato che Chiara le aveva a sua volta parlato di molestie subite da bambina.
25 agosto 2007. Gli stessi ufficiali che, dieci giorni prima, hanno raccolto la deposizione di Paola, hanno convocato Alessandro C., da lei menzionato. “Ricordo che il 13 agosto 2007, verso le ore 15,30-16.00, ho ricevuto sul mio cellulare una telefonata con numero privato”, ha riferito tra l’altro l’interrogato. “Ho aperta la comunicazione e ho sentito una voce femminile che disperata diceva direttamente ‘è morta mia cugina, aveva solo venticinque anni era sola in casa.’” Alessandro C., inizialmente, non ha riconosciuto l’interlocutrice e le ha chiesto chi fosse. E lei, senza qualificarsi, ha proseguito: “Andrea aiutami!” “Rispondevo che non ero Andrea ma Alessandro, richiedendo chi fosse al telefono. Solo allora l’interlocutrice mi rispondeva di essere Paola.”
Alessandro ha poi confermato quanto riferito dalla sua ex ragazza a proposito delle confidenze ricevute, precisando tuttavia di non essere a conoscenza dell’identità del pedofilo autore delle molestie.
Esaminando il verbale dell’interrogatorio, si nota un aspetto forse significativo: a una domanda dei Carabinieri, il giovane risponde: “Ho appreso di quanto è successo a Garlasco solo attraverso i giornali e la Tv. Voglio precisare che dopo il fatto, credo…” Nel documento, la frase non è completa. E il verbale prosegue poi fino alla chiusura, regolarmente sottoscritto dai presenti.
Un errore di trascrizione? È quanto si domanda il giornalista del citato contributo comparso su Dark Side, autore della scoperta. “Possibile”, considera. “Ma è possibile che, rileggendolo prima della firma, Alessandro C. non si sia reso conto che una sua risposta era stata tagliata? Evidentemente no. Oppure il taglio è avvenuto in un secondo momento? E se di taglio si tratta, sono state espunte altre risposte? Cosa ha detto Alessandro C. da meritare di essere censurato?”