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Garlasco, nuovo sopralluogo sulla scena del crimine diciotto anni dopo l’omicidio di Chiara Poggi

Luca Marrone di Luca Marrone
12 Giugno 2025
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Foto: Adnkronos

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Pavia. Notizia presentata dai mass media con un certo clamore: i Carabinieri del Ris, su incarico della Procura della Repubblica, hanno effettuato un nuovo esame della villetta di Garlasco, via Giovanni Pascoli n. 8, dove, il 13 agosto 2007, è avvenuto l’omicidio di Chiara Poggi, per il quale è stato condannato in via definitiva il fidanzato della giovane, Alberto Stasi ed è attualmente indagato Andrea Sempio, amico del fratello della vittima.

Pista fredda

Un sopralluogo, ci viene da dire, decisamente “a pista fredda”, condotto con l’ausilio di laser scanner e droni che, apprendiamo dai giornali, annovera trai suoi scopi quello di acquisire elementi atti a riprodurre in 3d l’interno e l’esterno della scena del crimine. A quanto si legge sul Sole 24 Ore, si sarebbe trattato di un’attività decisa e notificata da tempo all’indagato. “Dovendosi accertare le tracce e gli altri effetti materiali” del delitto, “occorre procedere ad ispezione dell’immobile in via Pascoli 8”, scrive la Procura. Ciò, “effettuando misurazioni presso l’immobile con l’utilizzo di apposita strumentazione tecnica.” Tra gli accertamenti disposti dagli inquirenti, “rilievi fotografici dei luoghi al fine di verificare le circostanze sopra indicate ed in particolare l’attuale stato dell’immobile.”

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Alle operazioni ha preso parte anche l’avvocata Angela Taccia, uno dei difensori di Andrea Sempio. Comunicazione dell’intendimento della Procura a procedere al sopralluogo è altresì pervenuta alla famiglia Poggi. “Ci è stato comunicato questo accertamento, ci è stato presentato come un’ispezione dei luoghi e noi non abbiamo titolo a partecipare, essendo una attività della Procura”, ha spiegato Francesco Compagna, uno degli avvocati che assistono i genitori di Chiara. A quanto sembra, “i Carabinieri effettueranno misurazioni, rilevazioni, per ricostruire la scena del crimine, comprese le traiettorie delle tracce di sangue.”

“Non ho idea di cosa stiano facendo o cercando, non si capisce nulla”, ha commentato l’altro legale di Sempio, Massimo Lovati.

Cosa possono rivelare le tracce di sangue

In realtà, i quotidiani sono stati prodighi di riferimenti alle attività svolte sul locus commissi delicti di allora. Su Tgcom24 leggiamo che i Carabinieri del Ris di Cagliari, supportati dal Nucleo investigativo di Milano, hanno lavorato per ore nella villetta dei Poggi, esaminando ogni dettaglio, pareti, pavimento, scale, fino al punto in cui all’epoca è stato rivenuto il corpo senza vita della giovane. Le nuove tecnologie consentono di rilevare la distanza tra ogni traccia con precisione millimetrica. L’intervento si è concluso con la realizzazione di una mappa digitale in 3d che consentirà di riconsiderare la dinamica dell’omicidio.

Il tutto, insomma, con l’impiego di tecniche e strumentazioni evolute. Di ultima generazione, come si usa dire. Tra queste, si cita la nota Bloodstain Pattern Analysis (BPA), tipologia di indagine che rileva la forma, la grandezza e la distribuzione delle macchie di sangue, per individuarne il punto d’origine e tentare di stabilire la traiettoria e la dinamica dei colpi che le hanno prodotte. Il Giornale la definisce “una moderna tecnica di analisi”, anche se i primi cenni conosciuti a tale, peculiare approccio sono contenuti nel verbale di un processo celebrato a Londra nel 1514. Nel 1895, Eduard Piotrowski, dell’Istituto di Medicina Legale di Cracovia, pubblicò un testo considerato il fondamento della disciplina. E, nel 1955, il criminalista Paul L. Kirk, docente presso l’Università di Berkeley, realizzò una perizia decisiva nell’ambito del processo “Lo Stato dell’Ohio contro Sam Sheppard”, applicando appunto le metodiche della BPA. Dunque, una tipologia di analisi ormai consolidata nelle prassi investigative, cui hanno già fatto ricorso anche gli investigatori italiani, ad esempio nelle indagini relative al delitto di Cogne. La Bloodstain Pattern Analysis è considerata una tecnica utile ma non infallibile: diversi esperti non sono persuasi dell’affidabilità di questa metodologia, definendola in alcuni casi troppo soggettiva. I risultati cui perviene la BPA possono infatti variare in considerazione dell’esperienza dell’analista e del contesto di applicazione. Tuttavia, la possibilità di “correggerli” con strumenti digitali ad alta precisione potrebbe ridurre il margine di arbitrio e di errore.

Ci auguriamo che gli strumenti utilizzati consentano davvero di ricostruire la scena del crimine e l’effettiva dinamica dell’aggressione omicida. Da cui, auspicabilmente, risalire anche al movente del delitto, mai delineato in modo effettivamente plausibile.

Dinamica e movente

“Il movente si capirà solo dopo che verrà accertato chi c’era sulla scena del crimine”, considera l’avvocata Giada Boccellari, che difende Alberto Stasi, in un’intervista al Corriere della Sera. E, a proposito della possibile presenza, in loco, di più persone, considera: “Già nel 2007 il nostro consulente disse che c’erano due persone. Detto ciò, per quello che sappiamo fino ad ora l’azione omicidiaria avviene in tre fasi e, almeno nelle prime fasi, non si può escludere la presenza di altri soggetti.” Di cui almeno una donna che indossava scarpe con il tacco, aggiungiamo noi, stando a quanto emerso (o riemerso, dalla prima inchiesta) a proposito delle orme rinvenute sulla scena e delle tracce presenti sul corpo della vittima. In attesa dei risultati dei nuovi esami condotti, si potrebbe ipotizzare la seguente dinamica: 1) Chiara Poggi viene inizialmente colpita all’ingresso e in soggiorno; 2) viene poi trascinata nei pressi del corridoio della villetta e colpita nuovamente; 3) viene infine spinta giù dalla scala della tavernetta, dove sarà in seguito rivenuta, sul nono gradino.

Il codice Garlasco

Nel frattempo, si torna a parlare di uno dei suicidi verificatisi a Garlasco negli anni successivi al delitto. Suicidi che taluni definiscono sospetti e meritevoli di approfondimento. In particolare si sta attualmente riconsiderando quello di Michele Bertani, un amico di Andrea Sempio, avvenuto nel 2016. Sul suo profilo Facebook, fermo al 30 marzo di quell’anno, figura una fotografia del santuario della Madonna della Bozzola, teatro, nel 2014, di uno scandalo sessuale che aveva coinvolto il rettore della struttura. In due occasioni, pochi giorni prima di essere uccisa, la stessa Chiara Poggi aveva visualizzato immagini del santuario nel suo computer. Vi è una correlazione tra questi elementi?

Qualcuno sembra pensarlo. Come c’è chi ritiene che la frase postata da Bertani su Facebook a gennaio 2016, poco dopo la condanna definitiva di Alberto Stasi, possa contenere un misterioso riferimento addirittura in codice. Il settimanale Gente dà conto della “decrittazione” del post in questione. Quest’ultimo riporta la strofa di una canzone dei Club Dogo (ne riproduciamo l’esatta modalità di digitazione): “La Verità Sta Nelle CoSe Che NeSSuno sa!!! la Verità nessuno mai te la racconterà.”

Attenzione all’alternanza di lettere maiuscole e minuscole. Una sequenza casuale? Secondo Gente, eliminando dal testo le lettere maiuscole, rimane: “a eria’ ta elle oe he euno sa”. Sequenza di lettere che, trasmutate nell’alfabeto ebraico, andrebbero a costituire una frase che, in italiano, suona: “C’era una ragazza lì che sapeva.” Lì dove? A quale contesto allude? Ed esiste davvero un codice da decrittare o si tratta solo di singolari coincidenze? Su Facebook, Bertani aveva adottato il nickname di “Mem He Shin”. Che, a quanto si legge, nella mistica ebraica e nella Cabala richiamerebbe il Quinto nome di Dio.

Dettagli utili all’indagine o pericolosamente fuorvianti?

Tags: Chiara PoggiDelitto di Garlasco
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