Pavia. La tentazione c’è stata, ammettiamolo. Dinanzi alla rapida propagazione mediatica della notizia, in questi giorni, abbiamo sperimentato anche noi l’impulso di imbastire in un paio di minuti un articolo copia-incolla per dare conto dell’ennesima “svolta-che-cambia-tutto” nel caso di Garlasco e identifica senza più ombra di dubbio a chi ricondurre il famoso Dna rinvenuto sopra o sotto le unghie di Chiara Poggi. Avremmo garantito al giornale numerose visualizzazioni e contenti tutti: i vantaggi dell’accodarsi.
Poi, però, qualcosa ci ha lasciato un poco perplessi ed eccoci qui a redigere un pezzo fuori tempo massimo che tenta di comprendere quanto stia accadendo a livello mediatico a pochi giorni dal deposito della perizia genetico-forense della dottoressa Denise Albani, richiesta nell’ambito dell’incidente probatorio in fase di svolgimento.
Compatibilità e “clamorose anticipazioni”
Andiamo con ordine. I titoli degli articoli del 27 novembre 2025 sull’asserito scoop erano impegnativi: “Garlasco, la nuova perizia: ‘Le tracce sulle unghie di Chiara Poggi compatibili con Dna di Sempio’” (Fanpage); “Garlasco, la perizia sul Dna sulle unghie di Chiara: c’è ‘piena concordanza’ con quello di Sempio” (Il Giornale); “Garlasco, la perizia: ‘Il Dna sotto le unghie di Chiara Poggi è compatibile con Andrea Sempio’” (Open); “Delitto di Garlasco, il Dna di Sempio sotto le unghie di Chiara” (L’Identità); Garlasco, la perizia: “Sotto le unghie di Chiara Dna compatibile con quello di Sempio”. “Piena concordanza” tra l’aplotipo Y rilevato nel 2007 su due unghie di Chiara Poggi e la linea paterna del profilo biologico dell’indagato (Rai News). Su Panorama si legge testualmente: “La nuova perizia genetica anticipata in una mail pec, conferma un’elevatissima compatibilità tra il Dna trovato sotto le unghie di chiara Poggi e la linea paterna di Andrea Sempio.” Giornale di Brescia: “L’anticipazione di Denise Albani, genetista perita del Gip, concorda con i Pm.” Il Corriere Adriatico usa l’espressione “colpo di scena tecnico” e riferisce che “la verità su quel frammento genetico, a lungo considerato un vicolo cieco, è stata depositata al Tribunale di Pavia tramite una pec della perita Denise Albani. La conclusione è lapidaria: il profilo isolato è quello di Andrea Sempio.”
Il lettore ci perdoni per aver indugiato in questa rassegna stampa, ma ci premeva dare conto di come quotidiani e magazine on line hanno dato risalto agli sviluppi registratisi in questi giorni relativamente alla nuova inchiesta sul delitto di Garlasco. Come risulta evidente, dal tenore dei titoli e dei “lanci” sopra riportati, sembrerebbe permanere ben poco margine di dubbio su due elementi: 1) Denise Albani, la perita incaricata dal Gip di Pavia di riesaminare le risultanze delle analisi genetiche sulle tracce di Dna repertate sopra o sotto le unghie di Chiara Poggi avrebbe anticipato gli esiti della perizia affidatale tramite una pec inviata ai consulenti di parte e alla Procura (qualcuno parla genericamente di “Tribunale”); 2) tali esiti indicherebbero in modo inconfutabile e definitivo la piena coincidenza tra il predetto, abbondante, materiale genetico e quello di Andrea Sempio. Tutto rispondente al vero? Non esattamente. Vediamo.
La dottoressa Albani si accinge davvero a depositare, il prossimo 5 dicembre, il suo elaborato peritale, che verrà discusso nel corso dell’udienza del 18 dicembre. E che propone, tra l’altro, una analisi biostatistica da cui risulterebbe “piena concordanza” (espressione utilizzata dai giornali) tra l’aplotipo Y rilevato nel 2007 su due unghie di Chiara Poggi e la linea paterna del profilo biologico di Sempio, non direttamente il suo: una popolazione comunque di pochissime persone che si riduce ai parenti in linea maschile. Secondo i quotidiani, una clamorosa anticipazione che, per “logica investigativa”, conduce direttamente all’indagato. Un risultato idoneo quindi a invalidare quanto stabilito dal genetista Francesco De Stefano, perito della Corte d’Appello che undici anni fa ha condannato Alberto Stasi (all’esito del cosiddetto “Appello bis”): allora l’esperto aveva analizzato il medesimo Dna, scartandolo in quanto ritenuto “non consolidato” e ponendo anche i presupposti scientifici su cui si sarebbe fondata, nel 2017, l’archiviazione della prima inchiesta nei confronti di Sempio.
Gli accertamenti effettuati oggi avrebbero stabilito che le prove di allora sono state condotte con campioni non omogenei, ma “nella sessione a 5 microlitri emerge un aplotipo parziale misto per un totale di dodici” marcatori. Secondo quanto riportato da Rai News, Albani sottolinea (da dove provengono i testi citati? L’articolo non lo specifica) che “l’aplotipo non è di per sé identificativo, quindi è un cromosoma Y, viene condiviso da tutti i soggetti imparentati in linea paterna, per cui non si può attribuire univocamente a una sola persona”, piuttosto “è un contesto familiare di appartenenza”. Ancora: “i profili ottenuti sono dei profili non completi”, tuttavia sufficienti per stabilire la “piena concordanza”. Così gli organi di stampa.
Il pool difensivo di Andrea Sempio – gli avvocati Liborio Cataliotti e Angela Taccia, con i consulenti Marina Baldi e Armando Palmegiani – non hanno tardato a replicare. “Le indiscrezioni riguardano meri dati biostatistici e non una perizia completa”, hanno affermato, “anche ove fossero stati correttamente interpretati, non saremmo né sorpresi né preoccupati: sarebbe solo confermato quanto sostenevano, cioè che non è una comparazione individualizzante e, soprattutto che il Dna è misto: quindi se venisse confermato che l’autore dell’omicidio è uno non avrebbe già per questo valore probatorio.”
La difesa dell’indagato ribadisce che “soprattutto, mancano i dati decisivi che rendono quel Dna probante rispetto all’omicidio: fu da contatto diretto fra i due corpi o da contatto con lo stesso oggetto? E quando avvenne il contatto? Senza queste risposte ogni valutazione è affrettata.”
Le valutazioni del 26 settembre 2025
Perché, all’inizio, ci siamo detti perplessi? A titolo di premessa, precisiamo di non avere un particolare interesse ad avallare o confutare l’impianto accusatorio che si sta delineando perché, ferme restando le nostre forti riserve sulla condanna inflitta a suo tempo ad Alberto Stasi, non propendiamo necessariamente per uno scenario alternativo in particolare, ma stiamo cercando di vagliarli tutti. Prendiamo atto che la Procura è orientata verso quello che vede Sempio autore del delitto (in concorso) ma non escludiamo altre piste, che pure – in alcune inchieste giornalistiche realizzate in questi mesi – si sono delineate.
La perplessità riguarda, innanzi tutto, la tendenza a presentare come novità inattese e anticipazioni clamorose alcuni particolari già emersi e debitamente diffusi, la volontà di creare colpi di scena su elementi di cui si è già ampiamente dato conto. Il Tempo del 21 novembre 2025 (sei giorni prima della “novità clamorosa”): “Garlasco, il Dna sulle unghie di Chiara: ecco perché la genetista punta alla famiglia Sempio”. L’articolo, a firma di Rita Cavallaro, fa riferimento a un “documento d’udienza” del 26 settembre 2025 che la giornalista del quotidiano romano ha avuto modo di visionare integralmente e nel quale sono riportate alcune valutazioni della genetista Denise Albani. “Per poter considerare un risultato, diciamo, forte, consolidato, quelle che sono le linee guida attuali, ma già da un po’ di anni, sono quelle chiaramente di eseguire più, almeno due, sessioni di analisi a pari condizioni, in modo tale che si possa avere una lettura che sia sovrapponibile”, ha spiegato Albani. “In questo caso, purtroppo, non abbiamo due sessioni analitiche che siano state eseguite nelle medesime condizioni, perché una sappiamo essere stata eseguita con 5 microlitri e l’altra con un volume residuo”, addirittura inferiore a 2. Perciò non si può affermare, in senso tecnico, che “il risultato è consolidato”.
Ancora: “quello che emerge per quanto riguarda il quinto destro, è che nella sessione, perché in realtà io non la considero una replica, nella sessione a 5 microlitri emerge un aplotipo parziale misto per un totale di dodici loci tipizzati”, ha precisato la perita, delineando il risultato del test che prevede un minimo di otto punti di Dna e un massimo di sedici. “Il primo sinistro ha un aplotipo parziale misto per un totale di dieci loci tipizzati”, ha aggiunto, prospettando l’intendimento di procedere con la lettura del dato singolo, escludendo le repliche. La traccia, inoltre, non è un autosomico ma solo l’aplotipo e, di conseguenza, “non è di per sé identificativo, quindi un cromosoma Y viene condiviso da tutti i soggetti diciamo imparentati con la linea paterna, per cui non si può attribuire univocamente a una sola persona. In più abbiamo una condizione di parzialità perché i profili che sono stati ottenuti sono dei profili parziali, quindi aplotipo parziale non consolidato.” “Ritengo però comunque opportuno per chiudere il cerchio, che si faccia una valutazione in termini statistici.”
Dunque, annunciando l’approccio analitico adottato nella perizia attesa, come detto, per il 5 dicembre, a suo tempo la genetista ha spiegato che “non potrò mai dire che quel profilo è di Tizio, perché è proprio concettualmente sbagliato essendo un aplotipo”, ma che l’analisi andrà a “evidenziare un contesto familiare di appartenenza, sicuramente non va a individuare una singola persona.”
Compatibilità, insomma, con gli uomini di casa Sempio? Ne avremo la conferma nei prossimi giorni. E, alla luce di quanto già emerso, quale risulta essere l’effettiva rilevanza giornalistica della pec di cui tanto si parla? Praticamente nessuna. Senza probabilmente averla letta, la maggioranza dei giornali ha ripetuto pedissequamente quanto diffuso in merito ab initio: che la comunicazione avrebbe addirittura anticipato gli esiti di una perizia che verrà depositata a breve. Non tutti, tra l’altro, sono persuasi dell’autenticità della “notizia”. “Secondo me la notizia è falsa, perché altrimenti sarebbe una cosa inaudita, un’anticipazione illegittima, che renderebbe impugnabile o nulla la perizia stessa e condurrebbe, secondo me, alla ricusazione sia del perito sia del giudice”, ha considerato l’avvocato Massimo Lovati, già difensore di Andrea Sempio. A suo dire, divulgando le presunte anticipazioni della perizia si sarebbe commesso “un atto di terrorismo rispetto all’indagato.” “Rispetto alla psicologia dell’indagato, che si sente prima del tempo inchiodato ad una cosa che non è ancora avvenuta”, ha spiegato Lovati. “E non sarebbe la prima volta, perché è già successo con l’impronta 33, con l’ignoto 3. È una strategia che non mi piace.”
Il testo della pec
A quanto ci risulta, la pec in questione è di poche righe, del tutto prive di sensazionali rivelazioni ad uso dei giornalisti, una comunicazione del perito ai colleghi consulenti di parte all’insegna del più corretto fair-play professionale. Si annuncia la trasmissione dei calcoli biostatistici eseguiti sulle tracce di interesse, costituenti l’ultima parte dell’attività peritale e si conferma che sono in fase di stesura le conclusioni della relazione sulla base di quanto già ampiamente emerso e discusso nel corso dell’udienza del 26 settembre 2025.
Un dato che ci induce a constatare, lo accennavamo sopra, la tendenza dei media a “creare” svolte e sviluppi clamorosi. Cui sembra associarsi quella a reiterare a oltranza interpretazioni sbrigative e approssimative delle valutazioni forensi, senza soffermarsi troppo sulla complessità delle problematiche scientifiche sottese.
Non entriamo, ovviamente, nel merito delle questioni genetiche perché, a differenza di altri giornalisti che in questi giorni si sono pronunciati sul tema, siamo consapevoli di non disporre delle necessarie competenze specialistiche. Sappiamo, però, che il quadro che si delinea all’esito dell’esame del materiale proveniente dalle unghie di Chiara Poggi è ben più complesso da comprendere e interpretare di quanto pretenderebbero i media che, nelle loro semplificazioni, sembrerebbero animati dalla volontà di veder comprovata, una volta per tutte e preferibilmente in prima serata, la colpevolezza di Sempio. Come detto, non intendiamo affermare a spada tratta l’innocenza dell’attuale indagato, vorremmo solo che, nel trattare il caso, prevalessero il rigore e l’onestà intellettuale piuttosto che l’ansia di audience e un umorale giustizialismo. Gli esiti delle indagini giudiziarie possono rivelare sorprese e improvvisi capovolgimenti di prospettive, converrebbe mantenersi lucidi e prudenti.
È appena il caso di ricordare quanto accedeva diciotto anni fa relativamente ad Alberto Stasi, la cui possibile estraneità ai fatti viene oggi affermata anche da chi all’epoca invocava nei suoi confronti pene esemplari, ponendo a sostegno di ciò l’onnipotente prova scientifica. Se non andiamo errati, uno dei pochi giornalisti allora persuasi dell’innocenza del fidanzato della vittima era Vittorio Feltri, cui è toccato subire per questo aspre critiche e, a quanto recentemente emerso, tentativi di tacitazione. Ma nell’epoca dell’immanente e del superficiale, dove tutto è fatto per essere consumato e dimenticato, la memoria storica – anche di breve periodo – non sembra essere un valore meritevole di eccessiva attenzione.
Misteriose presenze sulla scena del crimine
Dall’incidente probatorio emergerà davvero il Dna dell’assassino? A titolo personale, tendiamo a ritenere che non si giungerà a una valutazione effettivamente conclusiva. Il timore è quello che, nel prosieguo del procedimento, si succederanno consulenze tecniche di segno opposto, perizie e “superperizie” che affermano e smentiscono tutto. Forse si giungerà a collocare diversamente l’orario dell’omicidio ed a ipotizzare una differente dinamica dello stesso.
A livello giornalistico sembra che non vi sia accordo neanche su quanti soggetti si sarebbero trovati sulla scena del crimine. Si tende a dar conto di relazioni tecniche che attesterebbero la presenza di una sola persona, ma taluni ribadiscono il convincimento che, al contrario, in loco si sarebbero trovati più offender. E, sempre parlando dal punto di vista mediatico, nelle frequenti ricapitolazioni degli elementi significativi della vicenda, si è soliti tralasciare riferimenti al Dna femminile rivenuto sulla maniglia della porta a soffietto che separa la zona giorno di casa Poggi dalle scale su cui è stato rinvenuto il cadavere di Chiara. Con tutte le implicazioni del caso in tema di dinamica dell’omicidio e soggetti in esso eventualmente coinvolti, di cui tempo fa abbiamo dato conto su queste colonne. Trattasi del profilo genetico di una donna non riconducibile a Chiara Poggi, catalogata come “traccia 60” nella relazione elaborata dal Ris nel 2007.
E, a proposito di misteriose presenze sul locus commissi delicti, giorni fa si è parlato di una donna con jeans, maglietta e borsa, immortalata in una fotografia scattata sulla scena alle ore 15,07 del 13 agosto 2007, il giorno dell’omicidio, poco dopo il rinvenimento della vittima senza vita. La fotografia mostra solo una piccola porzione di tale, misteriosa presenza e, secondo una narrazione alternativa, potrebbe trattarsi piuttosto di un carabiniere in borghese provvisto di una borsa, che un’altra immagine ritrae a figura intera all’esterno dell’abitazione. La cautela è d’obbligo perché, analizzando i dettagli di quest’ultima immagine, qualcuno ha fatto notare che le righe sulla maglietta del militare non risulterebbero coincidenti con quelle dell’indumento che si intravede nello scatto delle 15,07.
“Plurimi indizi”
Uno dei punti deboli delle indagini sull’omicidio di Chiara Poggi è sempre stato il movente, difficile da individuare in modo credibile, fin dai tempi dell’indagine e del processo nei confronti di Alberto Stasi. Nell’ambito della nuova inchiesta, è recente l’accenno, diffuso dal Corriere della Sera e subito ripreso dagli altri organi di stampa, che la Procura di Pavia avrebbe finalmente individuato le motivazioni sottese al fatto. Ricostruite nel dettaglio, si legge sul quotidiano di via Solferino, sulla base di “plurimi indizi a carico di Sempio”. Si ventila l’ipotesi che il movente avrebbe attinenza con la “sfera intima” dell’indagato e della vittima. Certamente, nelle prossime settimane, la faccenda verrà ampiamente riproposta dai media e non mancheranno annunci di “svolte”, di “anticipazioni clamorose”, di “indiscrezioni shock” e via dicendo.
Per il momento trapela che i Pm sarebbero orientati a chiudere le indagini con la richiesta di rinvio a giudizio all’inizio del nuovo anno. E che gli stessi potrebbero inviare le carte alla Procura generale di Milano per valutare la possibilità di richiedere la revisione della condanna inflitta ad Alberto Stasi.


