L’Aquila. Il comitato Valutazione di Impatto Ambientale della Regione Abruzzo lo scorso 4 agosto ha dato parere favorevole all’esclusione dalla Valutazione di Impatto Ambientale e l’ok alla Valutazione di Incidenza Ambientale per l’esperimento Luna MV, un acceleratore di particelle, nei Laboratori di Fisica del Gran Sasso, comminando al contempo una sanzione di 35.000 euro all’INFN (il minimo previsto dalla legge) perché i lavori di costruzione del bunker nella sala sotterranea sono stati avviati prima di richiedere l’autorizzazione (il che la dice lunga sulla reale volontà di cambiare strada).
Avevamo sollevato da tempo come Mobilitazione per l’Acqua del Gran Sasso il problema delle autorizzazioni dell’esperimento Luna Mv e un nodo è venuto al pettine.
Nonostante non sia stato realizzato alcun intervento di messa in sicurezza dell’acquifero e nonostante la richiesta dell’Ente Parco del Gran Sasso di procedere ad approfondimenti proprio sull’impatto sull’acquifero, il Comitato V.IA ha applicato la “deroga” all’Art.94 del Testo Unico dell’Ambiente sulle distanze (che non sono rispettate) introdotta dalla norma sul commissariamento, che era stata presentata a suo tempo come necessaria esclusivamente per condurre i lavori di messa in sicurezza delle infrastrutture. Esprimiamo forti dubbi sia sull’applicabilità della norma al caso di specie, per la captazione interna ai laboratori, in quanto la deroga vale per le gallerie e non per i laboratori (la distanza, secondo la legge del commissariamento, “non si applica, relativamente alle captazioni idropotabili delle gallerie stesse, lato Teramo e L’Aquila” e, quindi, non alla captazione nei laboratori), sia per il fatto che comunque il comma è chiaro nel legare qualsiasi deroga agli interventi di messa in sicurezza che non sono stati fatti. Infatti il testo recita “La protezione dei punti di captazione deve essere garantita dall’esecuzione degli interventi di messa in sicurezza determinati dall’attività del Commissario straordinario cui compete altresì la messa in sicurezza delle infrastrutture quali le gallerie autostradali e i laboratori.”
In assenza di questi interventi, appare singolare (per non dire altro), quanto messo nero su bianco dall’Istituto Superiore di Sanità, per il quale “nel contesto sopra specificato, questo Istituto non ravvisa elementi di rischio significativi correlabili alla fattispecie della richiesta, tenendo conto delle specifiche riportate nella relazione descrittiva degli interventi resa disponibile contestualmente alla stessa richiesta, e delle misure di controllo previste quali in particolare la messa in scarico delle acque intercettate nell’intero ambiente dei laboratori per l’intera durata dell’intervento”;
Insomma la misura di protezione consiste nel non utilizzare l’acqua potabile, in un periodo di criticità negli approvvigionamenti. Notevole, così siamo bravi tutti a risolvere, almeno per i laboratori, il problema, alla faccia della coesistenza tra diritto all’acqua, attività sperimentali e tunnel autostradali!
Cioè se si tengono a scarico ben 100 litri di acqua potabile al secondo allora l’esperimento non presenta problemi. Insomma, viene prima l’attività sperimentale rispetto alla tutela del diritto all’accesso all’acqua! Nel mentre in Provincia di Teramo l’acqua scarseggia e si è sempre al limite anche a causa dei cambiamenti climatici. Con la beffa che 7 litri/secondo (l’acqua sufficiente per alimentare i rubinetti di un paese) saranno usati nell’esperimento per il raffreddamento dei circuiti.
Anche le prescrizioni impartite dal Comitato VIA la dicono lunga sul fatto che si reitera negli errori del passato aumentando il livello di rischio e non abbassandolo agendo a monte escludendo l’uso di sostanze che possono impattare sull’acquifero in un contesto che non è in sicurezza.
Infatti, secondo il Comitato i Laboratori devono provvedere:
“1. Deve essere assicurata la tenuta del condotto di aspirazione e di scarico dell’aria effettuando periodiche e documentate verifiche di tenuta ovvero installando sistemi automatici di monitoraggio e controllo; 2. Dovranno essere installati sistemi ridondanti di monitoraggio e controllo delle radiazioni; 3. È necessario predisporre adeguati sistemi di rilevazione e contenimento di eventuali perdite di SF6; 4. Le operazioni di pulizia, tramite solventi nonché le operazioni di resinatura, dovranno essere condotte previa comunicazione ai sensi del Protocollo per la Gestione del Rischio del Sistema Idrico del Gran Sasso e della relativa autorizzazione; 5. Gli olii idraulici e i refrigeranti utilizzati in fase di esercizio dovranno essere stoccati in bacini di contenimento e adottate tutte le necessarie precauzioni al fine di evitarne la dispersione nell’ambiente.”
Insomma, l’esperienza non ha insegnato nulla e ci chiediamo se il Commissariamento non sia stato solo un modo per prendere tempo da un lato e allentare la tensione e dall’altro un escamotage per continuare come se nulla fosse.