Pescara. Sono tante le emozioni che si affacciano sul viso del direttore generale dell’Oms, Tedros Ghebreyesus, quando, in un’attesissima conferenza stampa a Ginevra, annuncia la fine dello stato di emergenza sanitaria mondiale per il Covid-19.
C’è la soddisfazione di poter finalmente pronunciare la parola “fine” dopo tre anni in cui il virus ha tenuto con il fiato sospeso il mondo intero, c’è il rammarico nel riconoscere ciò che non è andato come doveva, il dolore per i 20 milioni di morti che il virus ha fatto, la preoccupazione perché la fine dell’emergenza non vuol dire che il pericolo sia definitivamente scampato e c’è l’emozione, per una promessa solenne fatta alle future generazioni: “Non rifaremo gli stessi errori”. Dopo 1221 giorni, tanti ne sono trascorsi da quel 30 gennaio 2020 quando il mondo piombò improvvisamente nell’incubo Covid, l’annuncio di Ghebreyesus ha il sapore di una liberazione: “Il Comitato Oms ha raccomandato la fine dello stato di emergenza ed io ho accettato l’indicazione”.
Ma questo, avverte subito, non significa che sia tutto finito: “E’ con grande speranza che ora io dichiaro la fine del Covid19 come emergenza sanitaria globale, ma ciò – tiene a sottolineare – non significa che il Covid sia finito in
termini di minaccia alla salute globale. Resta infatti il rischio di nuove varianti emergenti che possono causare
altre ondate di casi e morti”.
Da qui un primo monito: “La cosa peggiore che i paesi possano fare ora è usare questa notizia per abbassare la guardia, smantellare il sistema che hanno costruito e lanciare alla gente il messaggio che il Covid non è più qualcosa di cui preoccuparsi”. Migliaia di persone stanno proprio ora lottando nelle terapie intensive, e dunque, afferma, “il virus è qui per rimanere.
Sta ancora uccidendo e sta ancora cambiando”. In poche frasi, il numero uno dell’Oms ricorda quindi cosa abbiano significato questi ultimi tre anni: “All’inizio della pandemia, fuori dalla Cina c’erano circa 100 casi di Covid e non vi erano morti dichiarati. In tre anni il mondo si è capovolto: circa 7 milioni di morti sono stati riportati dall’Oms, ma noi sappiano che la stima è pari almeno a 20 milioni di morti. Il Covid è stato molto di più di una crisi sanitaria, ha causato sconvolgimenti economici, cancellando trilioni dal Pil e ha spinto milioni di persone nella povertà”.
Ma da un anno la pandemia registra una tendenza al ribasso ed ora, grazie ai vaccini ed ai nuovi farmaci, ci sono meno morti ed i sistemi sanitari non sono più sotto stress. Da qui arriva la decisione di porre fine allo stato di
emergenza. Ma la soddisfazione non cancella gli errori fatti, che Ghebreyesus riconosce: “Una delle maggiori
tragedie è che il Covid non doveva andare in questo modo, ma a livello globale una mancanza di coordinamento, di equità e solidarietà ha significato che gli strumenti a disposizione non siano stati utilizzati efficacemente come avrebbero potuto e sono state perse vite che non dovevano essere perse”.
Quindi una promessa: “Ci impegniamo verso le generazioni future a non tornare indietro al vecchio schema di panico e trascuratezza che ha lasciato il mondo vulnerabile, ma andremo avanti con un impegno comune a fare fronte a minacce comuni con una risposta comune”. E gli strumenti ci sono, a partire dal nuovo Piano pandemico
globale. Insomma, imparare da ciò che è accaduto: “Il Covid – dice – ha cambiato il nostro mondo. Promettiamo
ai nostri figli che non faremo mai più gli stessi errori”. Anche perchè, afferma Mike Ryan del Programma per le
emergenze sanitarie dell’Oms, “l’emergenza può essere finita ma la minaccia resta. Nella maggioranza dei casi,
le pandemie finiscono davvero solo quando una nuova pandemia comincia”. Si apre dunque ufficialmente da
oggi una nuova fase, quella in cui i Paesi dovranno gestire il Covid non più come un’emergenza ma sul lungo
periodo, come le altre malattie infettive. E con tale obiettivo, cambia in Italia il sistema di monitoraggio
dell’epidemia: sarà ora semplificato e terrà conto solo di pochi indicatori, come i casi, i ricoveri ed i decessi.