L’Aquila. La Legge sul fine vita è stata dichiarata ammissibile. Per la prima volta verrà discussa in Consiglio regionale una proposta di iniziativa popolare
Dopo il deposito delle 8.119 firme raccolte per la proposta di legge di iniziativa popolare Liberi Subito promossa dall’Associazione Luca Coscioni, è stato diramato ieri il parere del Collegio di garanzia statutaria della regione Abruzzo in merito alla legge sul suicidio medicalmente assistito. Per la prima volta una legge portata dai cittadini abruzzesi verrà discussa in Regione.
Il Collegio di garanzia statutaria, in un parere motivato di dieci pagine, ha stabilito che la legge sul suicidio medicalmente assistito promossa dall’Associazione Luca Coscioni è ammissibile. La legge, infatti, scrive il Collegio, non confligge con lo Statuto della Regione e con la Costituzione in quanto prevede di stabilire tempi e procedure certe per chi richiede la valutazione dei requisiti per l’accesso al suicidio medicalmente assistito, che rientrerebbero, secondo il Collegio, nelle competenze regionali.
“È una grande emozione” dichiarano i promotori Riccardo Varveri, Gianluca Di Marzio, Alina Matei e Paride Paci, “per la prima volta nella storia della nostra regione una legge dei cittadini e dai cittadini verrà discussa nel Consiglio regionale. Sarà difficile ignorare la voce di molti malati e delle 8.119 persone che hanno firmato. Speriamo che trasversalmente questa legge venga accolta e approvata. Siamo pronti a dialogare con chiunque”.
Superato lo step della valutazione di ammissibilità, adesso la palla passa alla Commissione competente la quale entro sei mesi valuterà il testo per poi relazionare al Consiglio regionale. Entro sei mesi dalla trasmissione, il Consiglio dovrà approvare con o senza emendamenti oppure rigettare la proposta di legge popolare.
Dichiarazione di Matteo Mainardi, coordinatore nazionale Liberi Subito: “Ringraziamo e facciamo nostre le motivazioni addotte dal Collegio di Garanzia Statutaria con il quale la proposta di legge è stata dichiarata ammissibile. Chiediamo ora ai consiglieri regionali una presa di coscienza e di consapevolezza. Come certificato dai pareri di ammissibilità di Toscana, Emilia Romagna, Veneto e ora anche Abruzzo, le singole regioni possono legiferare sul tema del fine vita nei limiti di quanto previsto dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale, sentenza con valore di legge.
Grazie al coraggio delle persone malate che hanno agito alla luce del sole, alle azioni di disobbedienza civile e all’esercizio della responsabilità professionale di medici e giudici esistono oggi infatti – in affermazione della sentenza Cappato della Consulta – precedenti giudiziari e amministrativi per accogliere legalmente anche in Abruzzo le richieste di aiuto al fine vita. Occorre solo rendersene conto e produrre delle regole mirate a evitare lunghi calvari.
Nell’indifferenza dei partiti, in questi anni abbiamo ottenuto riforme tanto profonde quanto sconosciute. Il deposito della PdL regionale di iniziativa popolare su cui il Consiglio Regionale dell’Abruzzo è chiamato ad esprimersi ha la finalità di far sì che nessuno debba più attendere mesi solo per ottenere la verifica delle condizioni per accedere all’aiuto al suicidio assistito”.
Regione Abruzzo, come già fatto da Veneto, Emilia Romagna e Toscana, ha ritenuto che le norme contenute nella proposta di legge rientrino nelle sue competenze e siano rispettose della Costituzione italiana. Oltre a queste anche Sardegna, Puglia e Marche hanno depositato la pdl, ma tramite l’iniziativa di alcuni consiglieri regionali, così da rendere non necessaria la raccolta firme. Analoga proposta verrà depositata in Basilicata e Lazio, grazie all’azione dei Comuni. Piemonte e Friuli Venezia Giulia invece hanno visto il deposito della proposta popolare ma attendono ancora l’ammissibilità Nelle prossime settimane raccolte firme analoghe partiranno in Toscana e Lombardia.
APPROFONDIMENTO – IL FINE VITA IN ITALIA
In assenza di una legge nazionale e di leggi regionali, il “suicidio assistito” in Italia è regolamentato dalla sentenza 242\2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato\Dj Fabo, che ha legalizzato l’accesso alla procedura ma solo a determinate condizioni, da verificare tramite il Servizio Sanitario Nazionale che riceverà la richiesta della persona malata e procederà con l’esame delle condizioni della persona seguendo le modalità previste dalla legge sulle Dat art. 1 e 2(219/17) e delle modalità per procedere, seguito poi dal parere del comitato etico territorialmente competente. Si può accedere a condizione di essere: pienamente capaci di prendere decisioni libere e consapevoli, affetti da una patologia irreversibile fonte di intollerabili sofferenze e tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale.
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Federico Carboni , marchigiano, e “Gloria”, veneta sono i due italiani che al momento sono riusciti a ottenere il suicidio assistito in Italia. Altre due persone, Stefano Gheller e “Antonio” sempre in Veneto e nelle Marche, hanno ottenuto il via libera dal Servizio Sanitario Nazionale in sede di servizio regionale previo parere del Comitato Etico competente della regione di appartenenza e sono dunque ora liberi di scegliere il momento più opportuno per confermare le proprie volontà o eventualmente attendere, modificare le proprie intenzioni iniziali.
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Numerosi invece, perché potenzialmente discriminati dalla sentenza della Corte Costituzionale, sono i connazionali ancora costretti a emigrare in Svizzera, tra quelli assistiti da Marco Cappato e i “disobbedienti civili” iscritti a Soccorso Civile si ricordano Elena (Veneto), Romano (Lombardia), Massimiliano (Toscana) e Paola (Emilia Romagna), le cui condizioni di “dipendenza da trattamenti classici intesi di sostegno vitale” potrebbero essere potenzialmente riconducibili ad una interpretazione restrittiva della sentenza della Consulta. Motivo per cui dopo l’aiuto fornito da Marco Cappato, Felicetta Maltese, Chiara Lalli, Virginia Fiume assistiti dall’Avvocata Filomena Gallo e dal collegio legale dell’associazione Luca Coscioni, hanno esposto i fatti alle autorità competenti, affinché la magistratura chiarisca se l’aiuto fornito a queste persone malate rientra nell’area di non punibilità previsto dalla Corte Costituzionale con la sentenza Cappato. I tribunali coinvolti stabiliranno, se la condizione di queste persone malate siano elementi che rientrano nell’area di non punibilità definita con sentenza 242/19 della Corte Costituzionale.
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Altri poi vorrebbero accedere alla morte volontaria assistita e sono in attesa della verifica delle condizioni, ma son finiti intrappolati nelle sabbie mobili delle lungaggini burocratiche e vittime del reato di “tortura” da parte dello Stato (attualmente è nota la vicenda di Laura Santi in Umbria e “Anna” in Friuli Venezia Giulia) e costretti a un interminabile percorso nei tribunali contemporaneo e direttamente proporzionale a un peggioramento delle condizioni di salute.
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Infine vi sono casi come Fabio Ridolfi e Giampaolo costretti a rinunciare al lungo e faticoso percorso scegliendo loro malgrado il ricorso alla sospensione delle terapie e una lenta morte sotto sedazione profonda con distacco dell’alimentazione e dell’idratazione, un epilogo che non avrebbero desiderato.