Celebrare i sessant’anni dalla nevicata del secolo, nell’inverno che sarà ricordato come uno dei più caldi del secolo attuale, può sembrare davvero il colmo. Ma rimane pur sempre piacevole, almeno ai fini di una mera ricerca storica, ricordare ciò che accadde a metà del secolo scorso, quando il freddo siberiano strinse nella sua morsa gelata l’Abruzzo, la penisola intera e parte dell’Europa, ricoprendola sotto metri di neve.
In realtà l’inverno del 1956, quello della nevicata cui più di una generazione ha legato almeno un ricordo, partì come un inverno con temperature anche parecchio al di sopra della media stagionale. Sia il Natale del 1955 che tutto il mese di dicembre, erano passati lasciando dietro di loro un ricordo di temperature piuttosto miti e nemmeno un fiocco di neve. Ma a fine gennaio qualcosa cambiò e per qualche giorno si andò costantemente sotto lo zero. Nei giorni seguenti il freddo strinse nella morsa l’intera penisola e costrinse gli abitanti dei paesi montani abruzzesi, che ormai riuscivano a muoversi solo uscendo dal primo piano e usando gallerie scavate nella neve, a rimanere relegati in casa. L’intenso freddo aprì le porte a una nuova nevicata che seppellì la città dell’Aquila nei giorni del 18 e del 19 Febbraio, con un abbondante metro di neve. Come se non bastasse, la situazione era resa ancora più drammatica delle potenti raffiche di vento siberiano che difficilmente scendevano sotto i 100 km/h. La neve superava i tre metri già a quote basse e, cosa rarissima, in Abruzzo caddero 40 cm di neve persino a Pescara. Le temperature erano scese al di sotto dei -25° con punte di -32° nella piana del Fucino che era rimasta accessibile solo passando dalla Valle Roveto. Il valico di Forca Caruso fu chiuso e i laghi di Campotosto, Scanno e Barrea, gelarono più o meno integralmente. Numerosi i crolli dei tetti registrati sia a L’Aquila che ad Avezzano e in tutti i paesi montani, dove le macchie di neve rimasero nei vicoli più stretti e inaccessibili fino a giugno inoltrato.
L’Italia intera era stata messa in ginocchio da quel freddo siberiano: treni bloccati in tutta la penisola, numerosi incidenti legati alla circolazione dei veicoli e diversi morti a causa delle valanghe. La medaglia d’oro spettò al monte Rosa che a 4.600 metri d’altezza vide scendere la colonnina di mercurio fino a -45°, mentre il record europeo fu stabilito sui Pirenei dove si arrivò fino a -57°. A Marzo la situazione non migliorò almeno fino al 20 del mese, fecendo così in tempo a stabilire un altro record: rimandare per neve un il derby allo stadio Olimpico di Roma. Poi, pian piano, la situazione tornò alla normalità. La nevicata del 1956, che ispirò persino un paio di canzoni sul palco dell’Ariston e che attraverso i racconti dei più anziani è rimasta miticamente impressa nell’immaginario collettivo degli italiani, costituì l’evento nevoso più marcato e pesante del secolo scorso, superando temperature e precipitazioni degli altri inverni siberiani come quelli del 1929, 1985 e 1986.
(informazioni meteorologiche e foto prese da www.caputfrigoris.it)