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Faggeta Vetusta della Val Cervara, patrimonio del Parco Nazionale d’Abruzzo

Redazione Centrale di Redazione Centrale
28 Marzo 2014
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downloadPescasseroli. Un mosaico di argomentazioni tra tecniche e politiche in un unico contenitore che anche se in maniera arcaica ma verosimile, può essere denominato “tavolo europeo”, è quanto programmato e realizzato a pieni voti, nella giornata di Martedì 25 Marzo 2014, nella sala conferenze della sede del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise a Pescasseroli; il tema? “Beech forests – joint Natural Heritage of Europe”. Ora come patrimonio comune ci siamo, mantenendo ferma la convinzione che ci lega territorialmente al continente (forse sarebbe ora di definirlo supercontinente) più antico di tutti insieme al cugino asiatico, in quanto a paleostoria e processi tettonici di formazione, secondo la quale il suddetto è anch’esso un ancient heritage perché valorizza ciò che di più complesso e duraturo possa esserci nell’ambiente dominato dall’uomo e cioè l’entità biologica. Appare ormai affermata la legge naturale secondo la quale il mondo vegetale, oltre a ricomprendere organismi con variabilità genetica immensamente superiore, più complessa e poliploide rispetto a quello animale, risulta anche provvisto di specie naturalmente selezionate a durare nei secoli e rendersi per puro caso, quasi involontariamente, testimoni silenti della storia dell’uomo. Quanto di tecnico esiste e quanto sia stato pubblicato sulla faggeta vetusta della “Val Cervara” è materia d’altri, perchè bisognerebbe essere archivisti al fine di rinvenire il tutto e il tutto quantificare, ma non c’è opera alcuna che non esprima e riassuma tanto diletto scientifico, al merito di quello che la storia di questa foresta altomontana ci insegna e ci tramanda, essendo oggi per la scienza forestale e botanica, quello che Charles Darwin è stato per l’evoluzione naturale. Il riconoscimento è in parte arrivato se si pensa agli sforzi delle comunità locali e degli Enti di tutela del territorio, insieme a quelli di divulgazione promozione e ricerca scientifica, ma il riconoscimento UNESCO è lontano e il percorso ancora lungo, come sempre succede per i titoli che non si ricevono per commissione o ad honorem; di conseguenza sarà meglio non perdere di vista l’obiettivo principale e prioritario e cioè la coesione e la complicità, che deve senza condizione alcuna essere raggiunto da tutti i soggetti interessati e gli Enti locali, protagonisti e diretti organismi meritevoli del titolo ambito, per diretta presa di coscienza e di identità territoriale. È infatti questo il presupposto necessario perché una realtà naturale significativa e particolarmente pretenziosa, possa essere valorizzata a tutto tondo e permettere nel migliore dei modi agli Enti preposti alla conservazione, di avere tutti gli strumenti necessari per adottare le giuste politiche di conservazione e preservare il materiale vergine che la natura dona, come vergini sono i lembi vetusti della “Val Cervara”, ancora da sottoporre alla giusta tutela gestionale in riferimento alla sua estensione territoriale nel comune di Lecce nei Marsi, non a proprio piacimento ma sotto il comune interesse e l’intesa dei comuni e cittadini, che per primi ogni giorno hanno dato da secoli e danno tuttora modo e motivo a queste realtà di esistere. Se per quasi seicento anni la natura ha custodito tutto questo come una madre gelosa, dovrà risultare impossibile per chiunque rendersene padrone, ma allo stesso tempo dovrà essere scontato per ognuno ritenersene custode e responsabile agli occhi dell’Umanità intera. Se così non sarà, ogni processo di valorizzazione nazionale, europeo o mondiale che sia, sarà solo un altro mezzo per soddisfare i troppo spesso infimi interessi dell’animale uomo. Mario Cianfrani

 

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