L’Aquila. “Potrebbero aver posto in essere erronee condotte mediche da cui potrebbe essere derivata la morte del paziente”: per questo in 19, tra medici, infermieri e anestesisti degli ospedali di Chieti e L’Aquila, sono sott’inchiesta. Indagati per la morte di Alberto Di Nola, 68 anni da compiere il 17 settembre prossimo, nato a Treglio e che risiedeva a Lanciano, ex maresciallo maggiore aiutante dei carabinieri. A riportarlo il quotidiano AbruzzoLive.tv che ha pubblicato per primo la notizia. L’uomo da anni era affetto da broncopatia ostruttiva grave e questa patologia, provocata dal fumo, lo obbligava all’ossigenoterapia domiciliare. Agli inizi del 2015, sempre più affaticato, decise di sottoporsi a controlli per i suoi problemi respiratori: ma dopo un esame, durante il quale potrebbero avergli collassato un polmone, è peggiorato e, dopo un’odissea vissuta tra un ospedale e l’altro, è deceduto il 20 febbraio scorso. La Procura di Chieti, dopo l’esposto dei familiari della vittima, ha avviato accertamenti e sequestrato le cartelle cliniche. Il 16 luglio prossimo, davanti al gip del Tribunale di Chieti, Antonella Redaelli, si terrà l’incidente probatorio, durante il quale sara’ effettuata l’autopsia per verificare “se l’operato degli indagati sia stato corretto o se vi siano profili di colpa nella condotta medica”. Tra l’altro, Di Nola non eèstato ancora sepolto per via delle indagini in atto: da quattro mesi giace in obitorio in una cella frigorifera. Una settimana dopo la sua scomparsa, assistita dall’avvocato Maria Grazia Piccinini di Lanciano, la moglie dell’ex maresciallo si è rivolta alla magistratura, ritenendo che “il precipitare delle condizioni del marito che lo hanno portato alla morte, sia da attribuire ad imperizia, negligenza e superficialità dei medici che lo hanno tenuto in cura, soprattutto riguardo a coloro che hanno deciso di procedere con la broncoscopia, in presenza di un polmone enfisematoso…, procurandogli un danno che si è palesato irreparabile ed irreversibile”.