L’Aquila. “Gli eventi nelle aree protette appartenenti alla rete europea Natura2000 possono creare impatti su flora e fauna e per questo devono essere assoggettati a preventiva Valutazione di Incidenza Ambientale secondo le regole in vigore fin dal 1997, in particolare il D.P.R. 357/1997, ulteriormente chiarite da un decreto ministeriale del 2022, il 459, sui criteri ambientali minimi degli eventi.
Sono norme volute da vari governi e pubblicate in gazzetta ufficiale, pari a qualsiasi altro tipo di autorizzazione o parere necessari in altri settori, come l’edilizia e l’urbanistica. Non comprendiamo, quindi, polemiche o addirittura tentativi, a volte promossi direttamente da enti pubblici, di eludere leggi di derivazione comunitaria che sono fondamentali per gestire correttamente un patrimonio naturalistico di valore europeo di cui siamo responsabili” così Augusto De Sanctis, consigliere della S.O.A. in merito a recenti eventi, da concerti a raduni, svolti o programmati in diverse aree protette.
In particolare, ben ventisei anni fa, il D.P.R. 357/1997 ha introdotto la procedura di Valutazione di Incidenza Ambientale (V.Inc.A.) per tutti gli interventi che possono avere, direttamente o indirettamente, effetto su piante, animali e habitat. Il più recente D.M. 459/2022 proprio sui criteri ambientali minimi degli eventi a pag.36 ha ulteriormente chiarito che “Per gli eventi e le manifestazioni previsti all’interno o in prossimità dei siti della rete Natura 2000: studio di incidenza”.
Se per costruire una casa si chiama l’ingegnere, per stabilire l’impatto di un evento bisogna coinvolgere botanici e faunisti, che redigono uno studio poi valutato dagli enti pubblici dopo una fase di pubblicità per la partecipazione del pubblico.
La Stazione Ornitologica Abruzzese ricorda che animali e piante sono già fortemente sotto stress a causa di molteplici attività antropiche compresi i cambiamenti climatici, per cui sarebbe meglio non aggiungere ulteriori fattori di potenziale impatto come concerti e raduni addirittura nelle poche aree protette istituite per proteggere la biodiversità. Abbiamo speso denaro, spesso pubblico, per realizzare autodromi, stadi, palazzetti, piazze e discoteche con i relativi servizi dove localizzare queste attività.
Dichiara Massimo Pellegrini, presidente della Stazione Ornitologica Abruzzese e laureato in scienze naturali “I potenziali impatti degli eventi sono molteplici. Ad esempio, dagli animali la musica viene percepita come rumore provocando l’allontanamento degli individui anche a centinaia di metri di distanza. Se siamo in periodo riproduttivo dell’avifauna – e alcune specie in Abruzzo nidificano fino ad Agosto inoltrato – vuol dire far scappare gli adulti per la durata dell’evento e, quindi, provocare la morte degli embrioni nelle uova non più covate oppure dei pulcini nei nidi non più accuditi.
Se pensiamo che alcune specie particolarmente rare fanno 6.000 km di migrazione per poi costruire un nido in una prateria montana o in un cespuglio ci rendiamo conto quale danno irreparabile possiamo arrecare se in quello che a molti pare un semplice prato ci facciamo un concerto da 500 o 1.000 persone. Ci sono specie protette assai rare che nidificano a terra, come il raro Calandro, per cui può verificarsi anche la distruzione diretta del nido per calpestio. Gli animali hanno la cosiddetta “distanza di fuga”: la sola presenza di uno o più umani, visti come potenziali fonte di pericolo, li costringe a scappare. Pensiamo sempre agli uccelli oppure a specie come orso bruno e lepre italica.
Vuol dire farli allontanare da siti di riposo, magari durante le già pericolose migrazioni, oppure, visto che anche gli animali mangiano, da preziose aree di alimentazione che sono localizzate e non sostituibili. Sulle piante il principale problema è il calpestio, come accertato da innumerevoli pubblicazioni scientifiche: centinaia di persone concentrate determinano la compattazione del suolo con il peso e lo schiacciamento delle singole piante attivando una forma di selezione che addirittura può favorire una specie rispetto ad un altra, di solito banalizzando la comunità vegetale. I non addetti ai lavori se vedono un prato, come a Campo Imperatore o ai Piani di Pezza, pensano che sia semplice “erba”. Invece ci sono decine di specie erbacee, alcune delle quali molto rare, che si associano in diversi habitat a seconda della topografia e delle condizioni ambientali. Arrivarci con centinaia di persone, magari ripetutamente, può addirittura modificare per decenni queste complesse comunità. Capiamo il fascino di usare gli ambienti naturali come set per iniziative di vario genere ma bisogna essere consapevoli degli impatti negativi che si possono provocare”.