Roma. Il blog Notte criminale diretto dal giornalista d’inchiesta Alessandro Ambrosini, delinea una nuova, possibile pista relativa alla scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta a Roma il 22 giugno 1983. Nei mesi scorsi, lo stesso Ambrosini aveva reso nota la registrazione di una sua risalente conversazione con Marcello Neroni, legato alla Banda della Magliana, nel corso della quale l’ex sodale dell’organizzazione criminale romana, riferendosi anche alla scomparsa della cittadina vaticana, aveva menzionato presunte abitudini sessuali di Papa Wojtyla in asserzioni che avevano comprensibilmente suscitato reazioni di profonda indignazione.
Ancora la lettera dell’arcivescovo di Canterbury
Ora Ambrosini propone un possibile, ulteriore scenario, che coinvolge gli ambienti della criminalità organizzata e dell’eversione nera tra gli anni Settanta e Ottanta.
“Quello che leggerete di seguito è quella che in inglese viene definita una ‘suggestion’.” Esordisce così Ambrosini nella sua inchiesta The Blackmail. Le vicende prese in considerazione, riferisce Il Fatto quotidiano, si snodano dal 1990 a oggi, dalla morte di Enrico De Pedis, boss della Banda della Magliana, alla presunta lettera dell’arcivescovo di Canterbury, George Carey, al cardinale Ugo Poletti, con una richiesta d’incontro per parlare del caso Emanuela Orlandi. Lettera datata 6 febbraio 1993, diffusa lo scorso aprile da Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, nel corso della trasmissione de La7, Di Martedì e da molti ritenuta un falso. Il segretario di Carey, suo figlio Andrew, è il primo a escludere l’autenticità del documento: è scritto su un foglio che non reca una intestazione corretta e contiene errori grammaticali e di sintassi. Il presunto autore della missiva riconosce la firma come autentica, ma potrebbe essere stata apposta in calce al testo dopo essere stata acquisita da altre fonti. Su Ebay ad esempio, scrive Dagospia, si possono trovare in vendita cartoline con l’autografo di Carey. E l’autenticità della lettera è stata esclusa anche da fonti della Città del Vaticano: il citato Dagospia riporta che, Oltretevere, in proposito si dicono “tranquilli: la lettera è un falso sesquipedale”.
Tra criminalità organizzata ed eversione nera
Ebbene, parlando del documento in questione, Ambrosini ritiene che “la forma della lettera rivela che è un falso, il contenuto invece è credibile.” In che modo Pietro Orlandi ne è entrato in possesso? Secondo il giornalista di Notte Criminale il fratello di Emanuela l’avrebbe acquisita tramite “Antonio il postino”, nome in codice di uno sconosciuto che, il novembre scorso, avrebbe inviato a Pietro una mail non rintracciabile. “Antonio” ha sostenuto di essere stato un militante dei Nuclei Armati Rivoluzionari (Nar), organizzazione terroristica di estrema destra, e di aver vissuto e lavorato a Londra, operando nel campo dei trasporti. In effetti, negli anni Ottanta, alcuni membri dei Nar sono fuggiti proprio nella città britannica, per sottrarsi alle azioni giudiziarie avviate nei loro confronti. Ed è, Londra, anche il luogo in cui, secondo i documenti recapitati nel 2017 al giornalista Emiliano Fittipaldi, Emanuela Orlandi sarebbe stata condotta e trattenuta dopo la sua scomparsa.
Secondo Ambrosini, “Il postino era di un gruppo specifico dei Nar, quello capeggiato da Massimo Carminati. Antonio ‘il postino’, già dal nome che si è voluto dare, certifica che il suo è un ruolo marginale, di contatto.” Non si tratterebbe del mittente. Pietro Orlandi avrebbe cercato di incontrare il ‘postino’ per avere da lui altre notizie, ma sembra che l’uomo, dinanzi a tale possibilità, sia divenuto sfuggente. Ed avrebbe riferito di un altro uomo che, “come lui è a conoscenza dei fatti ma che non vuole aiutare nessuno in questa storia.” Secondo lo scenario delineato da Notte criminale, l’anonimo potrebbe essere “Massimo Carminati, non come protagonista del rapimento di Emanuela, ma solo come possibile detentore di documenti che possono fare luce su ciò che rimane uno dei più intricati e incomprensibili misteri italiani.”
Furto al caveau
Carminati, ex Nar avvicinatosi in seguito alla Banda della Magliana, soprannominato “il Cecato”, potrebbe aver acquisito documenti su Emanuela Orlandi in seguito al furto verificatosi il 16 luglio 1999 presso il caveau interno al Tribunale di Roma di piazzale Clodio, per il quale è stato in seguito condannato a quattro anni di reclusione. Un furto, secondo alcuni, eseguito proprio per ostacolare e ricattare chi era impegnato nelle indagini su vari misteri irrisolti del nostro Paese. Tra questi, l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, avvenuto a Roma il 20 marzo 1979, per cui il “nero” era all’epoca sotto processo insieme a Giulio Andreotti. L’ipotesi, valuta il Fatto quotidiano, risulterebbe verosimile considerando che, tra le cassette di sicurezza violate, vi era anche quella del magistrato Domenico Sica, il primo a indagare sulla scomparsa di Emanuela Orlandi.
E potrebbe essere stato lo stesso Carminati – è sempre lo scenario prospettato – a ricevere da Enrico de Pedis, più volte associato alla scomparsa della cittadina vaticana, il testimone nella gestione della vicenda Orlandi.
Ricatto al Vaticano?
Dunque, l’ormai nota lettera recante la firma dell’arcivescovo Carey, e recapitata a Pietro da “Antonio il postino”, si assocerebbe – è quanto ipotizza Notte Criminale – ai citati documenti resi noti nel 2017 e contenenti (ammesso che siano autentici, e sono in molti a escluderlo) la specifica delle spese che il Vaticano avrebbe sostenuto per mantenere segregata Emanuela a Londra.
Cosa si celerebbe dietro a tutto questo? “Usando un minimo di buon senso”, valuta Ambrosini, “si capisce che dietro tutto ciò si nasconde un ricatto. Quei documenti furono diffusi nel 2017, lo stesso anno in cui cadde l’accusa di associazione mafiosa per Massimo Carminati, pochi giorni dopo che alcune testate pubblicarono un report su un ‘tesoro’ del bendato che si troverebbe proprio a Londra. Non ha responsabilità su ciò che avvenne a Emanuela, ma potrebbe avere l’arma di ricatto che potrebbe inchiodare il Vaticano alle sue eventuali responsabilità. Come disse alla nostra collaboratrice Beatrice Nencha, che gli chiese di incontrare Pietro Orlandi durante il processo di Mafia Capitale: ‘Noi non le abbiamo mai toccate le ragazzine. Pietro deve guardare in Vaticano.’”
Intanto, la Commissione di inchiesta
Il mistero è ancora fitto, attendiamo di sapere se lo scenario proposto sia destinato a trovare elementi a riscontro. Nel frattempo, è previsto per il prossimo 7 novembre l’esame al Senato del disegno di legge per l’istituzione della commissione parlamentare bicamerale d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori.
Era previsto, come avevamo riferito, per lo scorso 10 ottobre, ma la crisi in Medioriente e il voto in Aula, proprio quel giorno, delle mozioni sugli attacchi di Hamas contro Israele, approvate alla presenza del ministro degli Esteri, ne hanno reso necessario il rinvio. Com’è noto, la proposta di legge sulla commissione Orlandi-Gregori, formata da 20 deputati e 20 senatori, ha già avuto il via libera alla Camera.