Roma. Rivenuti nei giorni scorsi, dietro la statua dell’Angelo dello scultore Giulio Monteverde (1837-1917), al cimitero monumentale del Verano di Roma, tre oggetti che i giornali definiscono “misteriosi”. Il Corriere della Sera ipotizza un nesso tra tale ritrovamento e la vicenda di Emanuela Orlandi, la quindicenne cittadina vaticana scomparsa a Roma il 22 giugno 1983.
Ecco di cosa si tratta: un arrugginito barattolo di vernice verde, pieno per metà; una vecchia chiave d’automobile, con incisi quattro numeri (1-6-2-6); una moneta da cento lire, molto consumata, coniata nel 1956. I tre oggetti si trovavano incastrati nell’intercapedine dietro l’angelo marmoreo, statua che i vandali hanno, nel corso del tempo, danneggiato in più punti: le dita della mano destra risultano tagliate e la canna della tuba tranciata.
I “reperti” sono stati recuperati, spiega il Corriere, da alcuni studiosi della vicenda di Emanuela Orlandi, che non hanno esitato a rimarcare come la fascetta scolpita sulla fronte dell’angelo – elemento peraltro ricorrente nell’iconografica cattolica – richiamerebbe direttamente quella indossata da Emanuela nella foto utilizzata, nel 1983, nel manifesto che ne segnalava la scomparsa.
Si tratterebbe, dunque, di una “traccia” definita “inquietante”. Traccia di cosa, esattamente? Il quotidiano prova a fornire un’interpretazione “unificante” degli oggetti ritrovati: il colore della vernice contenuta nel barattolo, un verde definito “particolare”, richiamerebbe quello della “Bmw verde tundra” su cui sarebbe stata vista salire una giovane somigliante alla Orlandi in corso Rinascimento il pomeriggio della scomparsa. E la chiave potrebbe essere proprio quella dell’auto in questione. Senza contare, aggiungono i sostenitori di questo approccio interpretativo, che la lettera anonima che, alcuni anni fa, ha prospettato la pista dell’ipotetica sepoltura nel Cimitero teutonico, invitava a cercare il corpo della ragazza scomparsa “dove guarda l’angelo”.
Che utilità si può attribuire a tutto ciò? La parola agli investigatori che seguono attualmente il caso e ai membri della commissione bicamerale di inchiesta deputata a indagare sulla vicenda Orlandi, come pure sulla scomparsa di Mirella Gregori.
Rimane il dubbio se questi tentativi, sicuramente suggestivi, di rileggere la vicenda nella prospettiva della “caccia al tesoro” à la Dan Brown si possano rivelare effettivamente utili o non rischino piuttosto di far allontanare sempre di più chi indaga dalla verità dei fatti.