Roma. Novità relative all’auspicata commissione parlamentare che dovrebbe indagare sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Nel corso di una recente puntata della trasmissione Quarto Grado, l’avvocato della famiglia Orlandi, Laura Sgrò, ha annunciato che il 21 febbraio è attesa la discussione sull’istituzione della commissione e che il relativo voto è previsto a marzo. Un passo significativo verso la verità sul caso? È ciò che ci si augura.
Le chat di WhatsApp. Intanto, il mese scorso, a ridosso dell’anniversario della nascita di Emanuela, scomparsa il 22 giugno 1983 in circostanze mai chiarite, si è insistentemente parlato di misteriose chat di WhatsApp contenenti elementi potenzialmente utili a eventuali sviluppi del caso, consegnate a metà del 2021 al promotore di giustizia in Vaticano dal fratello di Emanuela, Pietro Orlandi e dell’avvocato Sgrò. Ciò, si legge sul Giornale, su consiglio di Papa Francesco. I dettagli resi noti sarebbero relativi a una cinquantina di screenshot tratti da chat avvenute tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, incentrate su un presunto dossier vaticano su Emanuela Orlandi. Chat di cui il quotidiano milanese ripropone, poi, la ricostruzione. Nei dialoghi, si fa riferimento al cardinale Abril e a Domenico Giani, ex comandante della Gendarmeria Vaticana. Ecco quanto pubblicato dal Giornale il 14 gennaio scorso:
“Mi raccomando, dobbiamo fare delle fotocopie di tutti questi documenti di Emanuela.”
“Papa Francesco ci dice che dobbiamo andare avanti, però poi siamo noi che dobbiamo fare le cose, che facciamo?”
“Però a questo punto i tombaroli chi li deve pagare, visto che li dobbiamo pagare di nascosto?”
“Abril ci dice che dobbiamo andare avanti, che poi a settembre dobbiamo fare l’inventario delle cose che abbiamo trovato.”
“Di questa cosa dobbiamo avvisare Giani?”
“No, no! Ma che, scherzi? Lascia perdere, la Orlandi è una cosa grave, il Papa è con noi, ci dice di andare avanti.”
“Devi andare per questa strada, però bisogna risolvere perché questa è una cosa molto grave.”
Riferendosi alle chat, Pietro Orlandi ha dichiarato a Quarto Grado: “Io ne ho parlato, da un anno circa, ogni tanto ne parlo, però non ho mai fatto i nomi delle persone perché vorrei verbalizzarli.”
Circa i contatti intercorsi con il pontefice, segnatamente una lettera a questi fatta pervenire direttamente nel dicembre 2021, l’avvocato Sgrò riferisce in trasmissione: “Ero stanca del muro di silenzio che avevo da parte dell’ufficio del promotore di giustizia, per cui, siccome volevo in qualche modo comunicare con il Papa, affidai una riservata personale a una persona a me molto cara, che sapevo che viaggiava con il Papa.”
Nell’intervista, Sgrò auspica che, in sede di indagine, vengano presi in esame tutti i possibili scenari, anche la cosiddetta “pista sessuale” di cui molto si è parlato in questi mesi. Si ricorderà che tale ipotesi è scaturita da quanto riferito da un’amica di Emanuela, secondo cui una persona vicina a Papa Giovanni Paolo II avrebbe riservato avances sessuali alla ragazza. Dichiarazioni rilanciate recentemente dal documentario Vatican Girl prodotto da Netflix ma acquisite anni fa dal giornalista Tommaso Nelli e pubblicate nel libro-inchiesta Atto di dolore. Il caso di Emanuela Orlandi è una partita ancora aperta.
L’audiocassetta del 1983. In corso anche l’analisi di un audio forse in relazione proprio con la scomparsa di Emanuela. Vi stanno provvedendo gli esperti nominati dalla famiglia Orlandi, tra cui il consulente fonico Marco Perino. Si tratta, com’è noto, di un’audiocassetta ricevuta dall’Ansa il 17 luglio 1983, dopo la scomparsa della ragazza. Un primo audio era stato posto presso il colonnato di San Pietro ma sarebbe stato prelevato da funzionari vaticani (secondo quanto i presunti rapitori avrebbero detto allo stesso Pietro Orlandi). Tre giorni dopo, all’agenzia giornalistica è appunto stata recapitata questa seconda cassetta. “In Vaticano”, ha dichiarato Pietro Orlandi, “erano a conoscenza di quel nastro quattro giorni prima degli inquirenti italiani.”
Sembra che esistano diverse versioni dell’audio in questione, oltre che trascrizioni discordanti possesso dei servizi segreti. Quarto Grado ha intervistato l’ex agente Digos Antonio Asciore, che a suo temo ha preso in consegna la cassetta dall’Ansa per consegnarla agli inquirenti ed è stato tra i primi ad ascoltarla. “Era di una crudeltà che faceva rimanere freddi, faceva paura”, ha dichiarato l’ex poliziotto. E ha smentito che la versione in possesso della trasmissione fosse la stessa: quest’ultima risulta durare meno della metà di quella da lui ascoltata all’epoca. “Non è la stessa cosa, perché era più chiaro”, ha spiegato. “Poi si sentiva una voce maschile che urlava, ma qua non ci sta niente, ci sta solo il lamento della ragazza. Perché questi rumori, probabilmente, sono stati messi da qualcuno per nascondere le voci riconoscibili, forse, degli uomini.” E ha concluso ipotizzando che la cassetta potrebbe essere stata “rovinata volutamente da qualcuno, ma chi è stato e perché?”
Ascoltando la registrazione sul lato B è possibile percepire un innesco e un abbassamento del volume. Nell’audio risulta incisa una voce femminile, forse appartenente a una ragazza molto giovane. Che si lamenta e sembrerebbe dire “Lasciami”. In seguito, si percepiscono alcuni spazi lasciati muti. Proseguendo nell’ascolto, la voce femminile parrebbe affermare: “Mi fa male là”. Secondo Pietro Orlandi “sembrano voci di diverse ragazze”. Il fratello di Emanuela ha fatto notare che, nella registrazione, si sentirebbero alcune frasi di senso compiuto che, a suo parere, apparterrebbero alla sorella. E ha invitato qualche analista del Sismi, che allora ha analizzato l’audiocassetta, a contribuire all’indagine offrendo la propria testimonianza.
Certo, il mistero rimane fitto. Perché quelle parti tagliate, nella registrazione? Contenevano davvero voci che avrebbero potuto essere riconosciute? E a cosa potrebbe ricondursi un particolare suono che si sente nell’audio? Gli esperti lo stanno esaminando: potrebbe essere quello di una cinepresa o di un proiettore. Nel primo caso, qualcuno potrebbe forse aver filmato quanto stava accadendo e ci si potrebbe persino spingere a ipotizzare la realizzazione di uno snuff movie. Perino e gli altri consulenti propendono, però, per l’ipotesi che il suono sia stato prodotto da un proiettore: il che spiegherebbe i rumori di fondo e l’impressione che il nastro sia la registrazione di una registrazione. All’epoca l’audio è stato comunque ritenuto opera di un mitomane che, per realizzarlo, avrebbe utilizzato il sonoro di un film porno.