Roma. “So come sono andate le cose sul caso di Emanuela Orlandi. Ho un cancro e mi resta poco da vivere. Ma prima di morire voglio dirvi tutto quello che so.”
Sono le parole di Ali Ağca, autore, il 13 maggio 1981, dell’attentato a Giovanni Paolo II in piazza San Pietro. L’uomo, oggi sessantaseienne, vive in Turchia come libero cittadino. Fino a dieci anni fa si manteneva lavorando nel campo immobiliare, poi qualcuno gli ha donato una ingente somma di denaro.
Afferma da tempo, è noto, di conoscere la sorte di Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana scomparsa a Roma il 22 giugno 1983.
A suo dire, si sarebbe trattato di un rapimento, come nel caso di Mirella Gregori, di cui si sono perse le tracce il 7 maggio precedente. Rapimento, afferma Ağca, posto in essere proprio in risposta all’attentato al Papa.
“Voglio rivelare tutta la verità storica, dopo 41 anni di menzogne che stanno infangando il mondo. Ho delle prove documentali indiscutibili: le due ragazzine sono state rapite per ottenere la mia liberazione, non ci sono altri motivi”, aggiunge, come ribadito più volte in passato.
Il tutto in un video pubblicato qualche giorno fa, nel quale ha chiesto di poter essere ascoltato dalla commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa delle due ragazze. “Se mentirò anche solo una volta, arrestatemi”, ha dichiarato.
“So che in Italia, così come in Turchia, sono considerato un personaggio controverso”, ha aggiunto nel corso di un’intervista rilasciata a Repubblica. “Ma sto vivendo gli ultimi anni della mia vita e voglio liberarmi la coscienza da questo pesante segreto. Non ho bisogno di nulla tranne che Dio. Ma la commissione è l’unica e ultima occasione per far trionfare la verità.”
“Se mi fanno venire a Roma mi compro da solo il biglietto aereo”, sono sempre le sue parole, a proposto dell’eventualità di essere ascoltato dalla commissione di inchiesta. “Per il momento non ho avuto alcun contatto diretto con i membri, ma sto seguendo il loro lavoro. E non mi è sfuggito l’intervento di Simonetta Matone, ex magistrata e deputata, che nel suo discorso ha sottolineato la presenza di documenti inquietanti come le lettere: la mano che rivendica i rapimenti di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori sarebbe la stessa che ha scritto per chiedere la mia liberazione.”
“Nessun movente della pedofilia, né criminalità organizzata, che sia mafia siciliana o Banda della Magliana”, ha ribadito Ağca a proposito della scomparsa della Orlandi. “Ma se la verità non emerge in Parlamento, continueranno a diffondersi bugie e calunnie. Basti pensare all’accusa nei confronti della banca vaticana di essere complice di criminali o all’ipotesi che il Papa Santo possa aver partecipato a festini con le ragazzine connessi alle due scomparse. O ancora, al coinvolgimento dello zio di Emanuela, Mario Meneguzzi: sono tutte bugie.”
Nella vicenda, sarebbero “coinvolti gli agenti di diversi Paesi, non soltanto quelli italiani.”
L’anno scorso, Ağca ha dichiarato che Emanuela Orlandi sarebbe ancora viva, nascosta in un convento di clausura, in attesa di essere liberata dal Vaticano. Nelle dichiarazioni più recenti, considera Fanpage, sembra fare un passo indietro. “È un argomento troppo delicato, non posso pronunciarmi a riguardo. Ma ho la certezza che i miei amici abbiano trattato Emanuela Orlandi e Mirella Gregori con dignità e umanità.” Non è dato comprendere a chi si riferisca in questo passaggio. E, nelle sue dichiarazioni lo stesso non manca di riservare un riferimento anche al fratello di Emanuela: “Pietro Orlandi ha ragione, dice che la verità è nascosta in Vaticano. E così tutti i papi saranno sempre sospettati. Per me lui è un eroe del nostro tempo che lotta per una causa giusta.”