Roma. Le dichiarazioni su presunte condotte poco “ortodosse” di Papa Wojtyla, emerse nelle scorse settimane a ridosso delle nuove indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana di cui non si hanno più notizie dal 22 giugno 1983, non smettono di suscitare reazioni, polemiche e dibattiti. Nel corso del colloquio del fratello di Emanuela, Pietro, con il promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi, tenutosi l’11 aprile scorso, sono stati acquisiti dagli investigatori d’Oltretevere alcuni documenti che si auspicano utili ai fini dell’inchiesta. Tra questi, oltre a una chat WhatApp tra persone vicine a Papa Francesco che fa riferimento appunto alla scomparsa di Emanuela e materiale che sembrerebbe riferirsi a un presunto soggiorno della scomparsa in Inghilterra, anche una registrazione nella quale un ex sodale della Banda della Magliana, Marcello Neroni, menziona le citate, asserite condotte di Wojtyla. La registrazione è stata diffusa in televisione e, nel corso di una puntata della trasmissione DiMartedì, Pietro Orlandi ha anche riferito di voci pervenutegli – ovviamente da verificare, ed è quanto probabilmente farà la magistratura vaticana – sul fatto che il Papa polacco avesse l’abitudine di uscire la sera insieme a dei monsignori polacchi “non certo per andare a benedire case”.
“Una cretinata”
Due domeniche fa, nel corso del Regina Coeli, commentando le voci sul suo predecessore, Bergoglio era già intervenuto in proposito: “Certo di interpretare i sentimenti dei fedeli di tutto il mondo, rivolgo un pensiero grato alla memoria di San Giovanni Paolo II, in questi giorni oggetto di illazioni offensive e infondate”, aveva detto. È di queste ore la notizia di un ulteriore commento di Papa Francesco, tornato sull’argomento mentre era in viaggio per l’Ungheria. In merito alle illazioni su Wojtyla, riporta il Messaggero, ha detto, senza celare la propria irritazione: “Una cretinata, hanno fatto.”
Nel frattempo, come accennato, proseguono le indagini del promotore di giustizia vaticano, è in fase di costituzione la commissione bicamerale di inchiesta preposta a riesaminare il caso della scomparsa di Emanuela e si è anche parlato della possibilità che la Procura di Roma torni a interessarsi a sua volta della vicenda.
Una misteriosa lettera anonima
Pochi giorni fa, Pietro Orlandi ha condiviso su Facebook una lettera manoscritta indirizzata a lui ma recapitata a sua madre, che abita in Vaticano, a firma di un misterioso “Luciano Dei” (“di Dio”?). Eccone il testo:
“Caro Pietro, sei un bugiardo e lo sai! Quelle vergognose allusioni nei riguardi di Papa Wojtyla non te le ha riferite nessuno, te le sei inventate te… Ma ti sei screditato da solo! Ho sempre supportato la tua famiglia, ma seguire piste suggerite da mitomani e persone notoriamente inaffidabili ha complicato le cose. Il Vaticano è stato anche troppo paziente. Adesso ti ha concesso la nuova inchiesta, ma su quali basi si svolgerà? Con i soliti documenti falsi sulla lista dei cardinali pedofili che di notte vanno a cercare le ragazzine assieme al Papa? Ti dovresti solo vergognare. Dovrai rispondere a Dio delle tue cattiverie. Saluti.”
“Oggi nella cassetta delle poste di mia madre”, ha commentato Pietro Orlandi via social, “è stata lasciata a mano questa lettera, in una busta. La stupidità di chi l’ha lasciata e presumo scritta è che voleva far credere che fosse stata spedita da altre città, quindi fuori dal Vaticano, perché si è anche preoccupato di mettere un francobollo… Ma non c’è nessun timbro… Peccato – lascia solo il nome Luciano Dei (probabilmente falso) e nessun contatto… Questa è la conseguenza di chi ha voluto giocare a fare il giornalista. Mi si può offendere come vogliono, non mi interessa, ma leggere ‘Il Vaticano è stato anche troppo paziente’ oppure ‘Dovrai rispondere a Dio delle tue cattiverie’… Beh.”
L’analisi della grafologa
Chi è il misterioso autore della missiva? I giornali prendono in considerazione la possibilità che si tratti di un alto prelato. Il Corriere della Sera ha incaricato la grafologa giudiziaria Monica Manzini di analizzare lo scritto e, secondo l’esperta, il testo rivela più di uno spunto significativo.
“Dalla grafia”, spiega al Corriere la dottoressa Manzini, “non è possibile stabilire con ragionevole certezza sesso ed età, anche se propenderei per una persona adulta di sesso maschile. Quasi certo, invece, è che si tratti di un soggetto portatore di alti ideali, come si evince dai prolungamenti superiori elevati delle ‘t’, idealità che entrano però in conflitto con una certa pragmaticità, evidenziata dalla pressione esercitata con la penna sul foglio e dalle dimensioni delle lettere della zona centrale, di media grandezza.”
“Lo scrivente”, aggiunge l’esperta, “deve essere tendenzialmente conciliante, come mostra la gestualità morbida e flessuosa accompagnata da lievi oscillazioni assiali”, anche se “non lascia spazio al dialogo e non manca di far valere la sua autorità quando ritiene di avere ragione, come ci dicono alcuni tratti delle lettere rigidi alla base e i tagli delle ‘t’ acuminati.”
Ancora: lo sconosciuto potrebbe possedere una “buona capacità oratoria, evidenziata dai tratti flessuosi accanto a gesti dinamici e recisi” e, talvolta, tenderebbe a lasciarsi sopraffare “dalle emozioni e dall’impulsività, come attestano le dimensioni delle lettere irregolari, lo spazio ridotto tra alcune parole e l’ammassamento dei grafemi verso il margine destro.” Gli ovali arrotondati delle “d”, inoltre, denoterebbero “senso dell’opportunità”.
Qualcuno “di casa in Vaticano”?
Chi potrebbe celarsi dietro un simile “profilo”? Il quotidiano di via Solferino considera che l’ipotesi formulata da Pietro Orlandi – secondo cui la lettera potrebbe essere stata scritta da qualcuno “di casa dentro le Sacre mura” – potrebbe risultare confermata. “Un religioso stizzito, se non scandalizzato, dalle calunniose accuse di pedofilia al Papa Santo? Tutto lo lascia pensare, se non fosse per la scivolata su come è stato scritto il cognome di Giovanni Paolo II (‘Woytila’ invece che ‘Wojtyla’), ma è anche vero che si tratta di un errore comune, spesso frutto di un automatismo, e come tale meno indicativo di quanto possa sembrare.” Un altro aspetto, tra gli altri, sembrerebbe meritare attenzione. Il francobollo, non timbrato, apposto sulla busta reca la scritta “Padova 2020 / Capitale volontariato”. Si tratta di un riferimento intenzionale? Perché applicare un francobollo su un plico non inviato per posta? Vi si può forse leggere una comunicazione criptata? Ipotesi, congetture, illazioni, che eventuali futuri sviluppi potrebbero confermare o smentire. “Luciano Dei” avrà il coraggio di rivelarsi? Il mistero continua, insieme alle polemiche.
“Non ho offeso nessuno”
E sulle affermazioni relative a Giovanni Paolo II, torna anche Pietro Orlandi. Intervistato da Verissimo, il fratello di Emanuela dichiara: “Io non mi sono mai scusato perché non ho mai offeso nessuno. Io ho riportato un audio di uno della banda della Magliana in cui parla di Emanuela.” “Quando ho detto che Wojtyla usciva di nascosto”, continua, “ho solo detto qualcosa che dicevano tutti. Non era considerata una cosa grave, tutti lo sapevano in Vaticano, ma io non ho mai legato le due cose. Le sue uscite a Emanuela. È una polemica sterile.” In proposito, per fare ulteriore chiarezza, interviene in trasmissione anche il legale della famiglia Orlandi: “Pietro non ha voluto offendere la memoria di Papa Giovanni II, vuole la verità su Emanuela, ci fidiamo di papa Francesco.”
L’intervista costituisce un’occasione per ripercorrere quarant’anni di angoscia, di ricerche, di incertezze. “Non smetteremo mai di cercarla. 40 anni sono tanti.” Quando Emanuela è scomparsa, Pietro aveva poco più di vent’anni. “La cosa più brutta era non sapere nulla”, ricorda. “La paura di trovare Emanuela morta in un cespuglio.” “Mia moglie e i miei figli mi hanno sempre supportato”, sottolinea, “Patrizia ha sposato me e questa storia.”
Ancora: “Mio padre è morto nel 2004, è stato un altro momento buio, nel giro di un anno sono morte due persone, nel 2004 mio padre, nel 2005 Wojtyla, sono le due persone che mi tenevano legato a questa vicenda, Wojtyla in negativo perché io sono sempre stato convinto che lui sapesse che cosa era successo a Emanuela.” “Quando venne a casa nostra dopo la scomparsa di mia sorella”, riferisce, “ci parlò di terrorismo internazionale e ci disse ‘io sto facendo quanto di più possibile per arrivare a una soluzione positiva’. Lui ha mantenuto il silenzio fino alla fine. Così è successo per Ratzinger, papa Francesco lo ha fatto per 11 anni e spero abbia davvero voglia di fare chiarezza.”
Parlando dell’apertura dell’indagine da parte del Vaticano, considera: “Questo dell’inchiesta nuova è un nuovo capitolo perché può portarci alla verità. […] Quando sento il segretario di Stato che dice che bisogna fare chiarezza sul caso per una madre che soffre, volevo dirgli che quella madre soffre da quando ha 55 anni ora ne ha 93.” “Io sono convinto che all’interno del Vaticano sappiano benissimo come sono andate le cose”, ribadisce ancora Pietro Orlandi, “quindi se vogliono, questa inchiesta possono farla durare ben poco.”
“Finché non trovo i resti per me è un dovere cercare mia sorella viva. Mia madre chiede sempre di Emanuela. Mi dice: ‘Ma allora l’hai trovata?’. Aspetta sempre la bella notizia, ma io sono sicuro che prima o poi arriverà.”