L’Aquila. Intitolare a Celestino V un ponte che violenterà la montagna arrecando danni enormi già dalla fase di cantiere, se mai questa sciagurata idea dovesse trovare concreta realizzazione, rappresenta di per sé una scelta sbagliata. Pietro Angeleri (o, secondo altre fonti, Angelerio) per l’intera sua esistenza, tranne la breve esperienza sul soglio pontificio (fu Papa dal 29 agosto al 13 dicembre 1294) ha cercato pace e tranquillità sulle montagne abruzzesi sino a guadagnarsi fama di santità già in vita con il nome di Pietro da Morrone; fuggirebbe certamente inorridito di fronte a un’opera assurda, peraltro nel cuore di un Parco Nazionale.
Un ponte da 200 metri che avrebbe l’unico scopo di accelerare i tempi per raggiungere stazioni sciistiche che i cambiamenti climatici hanno già messo in crisi e che in pochi anni cesseranno ogni attività, se non saremo capaci di reinventarle per un turismo morbido e senza neve, praticabile tutto l’anno, proprio quel tipo di approccio che oggi molti, come fu per Pietro Celestino, prediligono e per il quale il ponte rappresenterebbe un deterrente e non un invito. «Il ponte – sottolinea la presidente del WWF Chieti-Pescara Nicoletta Di Francesco – non è affatto una straordinaria occasione per lo sviluppo turistico ed economico dei territori. Pensiamo invece, ad esempio, a come il Camino di Santiago di Compostela sia un percorso lento frequentatissimo anche da parte di cittadini abruzzesi, e al fatto che il Cammino Grande di Celestino V riproposto dal Parco Nazionale della Maiella non abbia alcun bisogno di ponti. Non trascuriamo inoltre il danno che una simile infrastruttura avrebbe sia nella fase di esercizio così come già in quella di cantiere, nella quale sarebbero necessari interventi pesantissimi, che aprirebbero ferite insanabili. Senza dimenticare che siamo in un’area a elevato rischio sismico con presenza di numerose faglie attive».
La ricerca di consenso a ogni costo spinge troppo spesso i politici a inseguire progetti che sono un eccellente esercizio teorico in una tesi di laurea ma che prima di essere concretizzati meritano ben altre riflessioni, dal rischio sismico al danno ambientale, senza dimenticare una concreta valutazione sul giusto impiego delle risorse. Un buon amministratore dovrebbe essere capace di impegnare meglio gli scarsi finanziamenti in favore delle aree interne, ad esempio con una costante manutenzione di strade in gran parte dissestate e difficili da percorrere anziché inventarsi l’ennesima cattedrale nel deserto, questa volta rappresentata da un ponte, dedicato peraltro a chi quelle montagne le amava davvero e mai avrebbe tollerato una simile violenza. «La miopia che affligge la politica italiana – aggiunge la delegata del WWF Italia per l’Abruzzo Filomena Ricci – porta a ritenere eternamente valide scelte che hanno funzionato in passato ma che oggi sono fuori tempo, come l’insistenza sugli impianti di risalita, spesso ipotizzati (o, peggio, realizzati con spreco di risorse pubbliche) persino a quote altimetriche nelle quali l’innevamento naturale è da anni una rarità e dove persino la neve sparata con i cannoni è spesso inutilizzabile a causa di temperature troppo elevate, al di là dello spreco di una risorsa idrica sempre più preziosa».