L’Aquila. “In condizioni fisiche buone e probabilmente disorientato a causa dell’inesperienza e delle cattive condizioni meteorologiche, avrebbe potuto camminare anche molto a lungo, qualora non caduto prima in zone impervie e di difficile individuazione nel versante teramano. Ciò posto, al fine di non escludere alcuna ipotesi, si chiede di voler mettere ogni utile iniziativa dei componenti enti di soccorso da impiegare nel versante aquilano del massiccio del Gran Sasso”.
È quanto scrive in una nota inviata ai comandi provinciali dell’Aquila di tutti i corpi che si occupano di soccorso alpino, il prefetto di Teramo, Fabrizio Stelo. O meglio, la nota, recepita dalla prefettura dell’Aquila, a guida del prefetto Giancarlo Di Vincenzo, è stata girata ai soccorritori affinché nella ricerca del 35enne rosetano Giorgio Lanciotti, non si lasci nulla di intentato.
Lanciotti, quasi un mese fa, esattamente lo scorso 22 settembre, è salito in solitaria sul massiccio del Gran Sasso, raggiungendo la punta più alta della vetta orientale, nel versante teramano. Così come testimoniato da dei video postati durante il tragitto, sulle sue storie Instagram.
È stato dimostrato come il suo cellulare per l’ultima volta abbia agganciato una cella telefonica che corrisponde a un’ampia area del Gran Sasso, per poi far perdere ogni traccia.
Disperso sul Gran Sasso, verso lo stop alle ricerche di Giorgio Lanciotti
Come non era mai accaduto prima nel Teramano, purtroppo, l’esito delle ricerche del giovane appassionato di montagna, non hanno dato esito positivo e per questo lo stesso prefetto, dopo aver convocato la famiglia per aggiornarla su tutto quanto fatto, ha interrotto le ricerche nel territorio del versante teramano, dopo 26 giorni. Quello in cui è salito Lanciotti, dopo aver parcheggiato in una località vicina ai Prati di Tivo.
Ogni ipotesi è stata vagliata.
Alcune unità di soccorritori hanno monitorato quotidianamente anche l’eventuale arrivo nella zona di rapaci o altri animali, che avrebbero potuto rilevare la presenza di un uomo. Ciò nonostante, nessun indizio, nessuna traccia, è stata rilevata. Si tratta di zone completamente scoperte, piene di pietre e massi. Ma non ci si è affidati solo agli occhi umani. I droni dei vigili del fuoco, infatti, hanno rilevato oltre 2mila fotogrammi visionati successivamente anche da esperti di Telespazio.
Ora arriva il passaggio di consegne.
Perché ora la prefettura di Teramo ha “passato la palla” a quella dell’Aquila, per continuare a cercare Lanciotti nel versante aquilano del Gran Sasso.
Insomma, a oggi, la prefettura dell’Aquila chiede ai soccorritori di battere tutte le strade possibili che arrivino fino a Campo Imperatore, in cui sarebbe potuto arrivare comunque Lanciotti.
Per lasciarsi alle spalle il versante teramano, il 35enne avrebbe dovuto camminare molto. Nel freddo e nella nebbia.
Il “versante aquilano” interessa la cresta del Monte Aquila, per poi arrivare al rifugio Duca degli Abruzzi, poi a Pizzo Cefalone, fino a Pizzo Intermesoli passando per la Sella dei Grilli.
Approssimativamente, se Lanciotti si fosse mantenuto sulle creste avrebbe dovuto sostenere tratti che prevedono comunque competenze alpinistiche di un certo rilievo. Se invece, fosse risceso per poi risalire e riscendere, si ipotizza possa aver percorso una decina di chilometri tra dislivelli positivi e negativi che superano i 500/600 metri. Tenuto conto dell’abbigliamento che il 35enne testimonia nelle riprese video, sembrerebbe un’ipotesi davvero improbabile.
Fatto sta che lo sfortunato appassionato di montagna non è stato trovato. E le spiacevoli circostanze sono state rese ancor peggiori se si prende in considerazione il carteggio inviato in prefettura a Teramo, in cui un alpinista si sarebbe messo a capo di una “spedizione” volontaria di soccorso, dichiarando che non è stato fatto tutto il possibile per cercare Lanciotti.
Ignorando tutte le attività anche rese note tramite la stampa, da parte di soccorritori abruzzesi esperti, vanto della Regione in tutta Italia.