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Discorso di Putin alla nazione: al via la mobilitazione parziale di 300.000 riservisti

Francesco Proia di Francesco Proia
21 Settembre 2022
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Mosca. Alla fine il discorso televisivo di Putin, seppure con giorno di ritardo, è andato in onda.

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Tanti i temi toccati dal presidente della federazione russa, ma a voler sintetizzare due quelli che preoccupano di più, i russi in primis: la mobilitazione di 300.000 uomini e una nuova minaccia con armi nucleari all’occidente. Con questo nuovo discorso Putin ha finalmente usato la parola “guerra” al posto di “operazione militare speciale”, questo significa che potrà avere accesso ai riservisti che risiedono sul suolo russo, che ora non potranno più opporsi di andare al fronte. Questo però va un po’ in controtendenza con le parole di Shoygu, secondo cui la Russia ad oggi avrebbe perso “solo” 5.937 soldati, e non oltre 50.000 come riporterebbero tutte le intelligence occidentali e molti dei più importanti e quotati analisti militari. Perché Putin avrebbe dovuto dare il via alla mobilitazione, seppur light, se i morti sono quelli dichiarati da Mosca? Ad ogni modo dopo l’annuncio c’è stato un enorme numero di prenotazione di voli on-line per la Turchia e per l’Armenia, due dei paesi che dopo il blocco dei visti offre ancora la possibilità di transito ai russi.

Ci sono però molti dubbi sull’efficacia di questa mobilitazione, che Mosca per prima ha dichiarato avverrà non prima di qualche mese. Non tutti infatti sono pronti a mandare a morire i propri figli per le manie espansionistiche di Putin, che con le promesse economiche sull’arruolamento può sedurre i giovani che abitano nelle steppe più povere, ma non certo i figli di coloro che abitano a Mosca, a San Pietroburgo, o qualsiasi altra città dove difficilmente un padre manda il proprio figlio al fronte per pochi rubli. E poi tutte queste persone andrebbero addestrate (operazione che durerebbe non meno di sei mesi) equipaggiate (con quali soldi visto che molti soldati al fronte usano attrezzature risalenti alla guerra fredda) e infine le persone che andranno al fronte indeboliranno in maniera ancor più considerevole il già debole sistema produttivo della Russia, che si ritroverà senza manodopera.

La seconda dichiarazione che preoccupa gli abitanti (e la borsa di Mosca, che solo ieri ha chiuso con il 25% di perdite) è quella dei referendum nei territori occupati. Perché questa dichiarazione preoccupa così tanto? Perché dichiarando russi quei territori, Mosca potrebbe sentirsi autorizzata ad usare armi nucleari, che come da accordi potrebbero essere usate ogni qual volta il territorio russo venisse minacciato. E questa volta Putin ha tenuto a sottolineare che non sta bluffando sul nucleare, dichiarazione che ci porta dritti dritti al punto tre, ovvero le nuove minacce nucleari all’occidente.

Ma questa, come le altre minacce di Putin, per il mondo occidentale non sono altro che l’ennesimo segno di debolezza del Cremlino. Bridget Brink, ambasciatore USA in Ucraina, secondo il Guardian avrebbe affermato che la Russia con la mobilitazione e l’organizzazione dei referendum sta solo mostrando al mondo la propria debolezza. Dello stesso avviso anche il ministro della difesa britannico Ben Wallace, che ha rilasciato una dichiarazione in merito al discorso di Vladimir Putin di questa mattina “Le bugie del presidente Putin sulle promesse di non mobilitare parte della popolazione e l’annessione illegale di parte dell’Ucraina è un’ammissione che la sua invasione sta fallendo”. Mark Rutte, primo ministro olandese, ha aggiunto la sua voce al coro dei leader occidentali “La mobilitazione e le richieste di referendum nel Donetsk sono tutti segnali di panico. Abbiamo già sentito la sua retorica sulle armi nucleari molte volte e ci lascia indifferenti”. Persino la Cina, tramite il proprio ministro degli esteri, ha invitato le parti a continuare a impegnarsi nel dialogo e nella consultazione, soprattutto ora, che il presidente russo Vladimir Putin ha avvertito l’Occidente di quello che il mondo vede come un “ricatto nucleare”.

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