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Discarica dei veleni, tuona l’accusa: crimine peggiore d’Italia Montedison sapeva dal 93

Redazione Centrale di Redazione Centrale
3 Ottobre 2014
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Chieti. “Sono stati commessi crimini tra i peggiori del genere in Italia, sulla testa di decine di migliaia di persone. Le pubbliche autorità avvertirono Montedison dell’inquinamento delle acque dei pozzi e non i cittadini, le vittime”. Sarebbe questo uno dei passaggi in aula del pm Anna Rita Mantini, durante la requisitoria, nell’ambito del processo a porte chiuse in Corte d’Assise, a Chieti, sulla megadiscarica dei veleni di Bussi sul Tirino ripreso dopo cinque mesi di stop. Una società esterna, nel 1993, segnalò a Montedison la grave situazione di inquinamento,bussi sottolineando che le attività erano inadeguate e proponendo investimenti sia per il risanamento che per lo studio degli effetti sulla salute. Su un appunto sequestrato, riconducibile ai vertici Montedison, rispetto allo studio e con riferimento alle vecchie discariche c’è scritto ‘non ci conviene’. E’ quanto emergerebbe da nuovi documenti illustrati in aula del pm Anna Rita Mantini, durante la requisitoria, nell’ambito del processo a porte chiuse in Corte d’Assise, a Chieti, sulla megadiscarica dei veleni di Bussi sul Tirino (Pescara).
Lo studio fu consegnato ad uno degli amministratori della società, oggi imputato, ma Montedison decise di non seguire le indicazioni e di fare internamente “noi”, come si legge sull’appunto sequestrato. Gli investimenti ambientali da parte di Edison – avrebbe evidenziato il pm – furono ridotti da 36 miliardi di lire del 1991 a sei miliari del 1994, ovvero un sesto. Nel corso della requisitoria, Mantini si è soffermata anche sul “dato dell’omertà” che vi è stata sul caso ed ha citato alcune delle poche testimonianze dirette.  Il processo conta 19 imputati, quasi tutti ex amministratori e vertici della Montedison, accusati di avvelenamento delle acque e disastro ambientale doloso. Per tutti gli anni ’60, secondo l’accusa, il sito industriale chimico di Bussi avrebbe sversato una tonnellata al giorno di veleni residui della produzione nel fiume Tirino per smaltire illegalmente rifiuti pericolosi, poi permeati nelle falde acquifere, tra cui cloroformio, tetracloruro di carbonio, esacloroetano, tricloroetilene, triclorobenzeni e metalli pesanti. Le parti civili, tra cui la Regione Abruzzo, parleranno il 10 e il 17 ottobre, mentre le difese il 24 e il 31 ottobre e poi il 7, il 14 il 21 e il 28 novembre. Le repliche si terranno il 5 e il 12 dicembre. Entro Natale, quindi, dovrebbe esserci la sentenza.

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