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Disastro discarica Bussi resta ad oggi impunito, Di Nicola (M5s): si torna a 10 anni fa come se nulla fosse

Cristina Vitale di Cristina Vitale
3 Ottobre 2018
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PRIMO DI NICOLA GIORNALISTA

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Bussi. “Uno dei più gravi episodi di inquinamento ambientale mai registrato in Italia, ma anche in Europa, resta ancora oggi incredibilmente impunito”. Lo denuncia in una nota il senatore M5S Primo Di Nicola, riferendosi alla vicenda della discarica Montedison di Bussi, in provincia di Pescara. Di Nicola, intervenendo nell’aula del Senato, ricorda come qualche giorno fa la Corte di Cassazione abbia ribaltato la sentenza di condanna della Corte d’assise d’appello dell’Aquila.

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Chiudendo così senza colpevoli “una vicenda giudiziaria iniziata più di dieci anni fa, il 12 marzo 2007, quando venne posta sotto sequestro la discarica di Bussi, un’area boschiva davanti a un grande petrolchimico, per anni nella gestione del gruppo Montedison”. Con questa decisione, osserva, “la Cassazione si è allineata alla sentenza di assoluzione emessa in primo grado della Corte d’Assise di Chieti presieduta da Camillo Romandini”. Quest’ultimo, incalza il senatore pentastellato, “proprio nei giorni scorsi ha ricevuto una sanzione disciplinare dal Csm sia per aver svolto un’attività imprenditoriale, incompatibile con la sua attività di magistrato, sia per aver tenuto un comportamento gravemente scorretto proprio nei confronti dei giudici popolari del processo di primo grado”.

In particolare, “la condotta rimproverata al magistrato è legata a una cena a cui partecipò 3 giorni prima della sentenza con gli altri giudici popolari. A loro paventò infondatamente le conseguenze dell’eventuale condanna degli imputati per disastro ambientale doloso invece che per disastro ambientale colposo, anche mistificando gli effetti della normativa sulla responsabilità civile dei magistrati”. Insomma, conclude Di Nicola, con la sentenza “si torna
indietro di più di 10 anni, con 15 righe di dispositivo, come se nulla fosse successo”.

Ora “l’unica speranza che rimane è che il Ministro dell’Ambiente vagli la possibilità di agire in sede civile nei confronti di quella multinazionale che certamente si è arricchita nei decenni passati con i risparmi sulle spese ambientali”. Bisogna al più presto “agire per ottenere il ripristino ambientale dell’area di Bussi ancora oggi, mentre parliamo, fortemente contaminata da composti organici clorurati e metalli pesanti cancerogeni e patogeni per l’uomo”.

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