Roma. Nuovo, inatteso sviluppo nella vicenda processuale relativa all’omicidio di Serena Mollicone, la diciottenne uccisa ad Arce, in provincia di Frosinone, nel giugno 2001. In accoglimento delle ragioni della Procura generale, ieri, 11 marzo, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione in appello di Franco Mottola, ex comandante della caserma dei Carabinieri di Arce, del figlio Marco e della moglie Annamaria – accusati di omicidio e occultamento di cadavere – rinviando a nuovo processo. I tre membri della famiglia Mottola sono stati assolti sia in primo che in secondo grado. Assolti anche gli altri due imputati, i carabinieri Francesco Suprano e il luogotenente Vincenzo Quatrale.
Una vicenda lunga e tormentata
Dopo anni di indagini, processi e colpi di scena, si apre dunque una ulteriore, significativa fase della vicenda. Il primo giugno 2001 Serena Mollicone esce di casa per recarsi dal dentista e di lei si perdono le tracce. Due giorni dopo, il suo corpo senza vita viene rinvenuto nel vicino bosco di Fonte Cupa, con mani e piedi legati, la testa avvolta nel nastro adesivo. Secondo l’autopsia, la diciottenne è stata colpita violentemente alla testa e in seguito soffocata.
Le prime indagini si focalizzano un carrozziere del paese, Carmine Belli, arrestato, processato e assolto in via definitiva.
Nel 2008 il brigadiere dei Carabinieri Santino Tuzi dichiara di aver visto Serena entrare nella caserma dei Carabinieri di Arce la mattina della sua scomparsa. Tuzi viene trovato senza vita pochi giorni dopo. Suicidio, secondo la versione ufficiale. Ma sulla vicenda sembrano gravare dubbi e singolari coincidenze.
Nel 2011 una perizia conclude che il colpo alla testa inferto a Serena potrebbe risultare compatibile con l’impatto contro una porta della caserma. L’indagine approda alla famiglia Mottola, che all’epoca alloggia proprio all’interno della struttura.
Secondo l’accusa, Serena sarebbe stata appunto uccisa in seguito a una lite con Marco Mottola e il suo corpo abbandonato nel bosco di Fonte Cupa. Seguono due gradi di giudizio conclusisi, come detto, con l’assoluzione degli imputati.
Secondo la Procura, la sentenza d’appello risulterebbe “totalmente carente” e caratterizzata da un “atteggiamento pilatesco”, omettendo di “motivare sulla presenza di Mollicone quella mattina nella caserma [dei Carabinieri] di Arce. Non sono stati valutati in maniera unitaria una pluralità di indizi.”
Le motivazioni della Suprema Corte, che ha annullato con rinvio la sentenza di secondo grado, saranno rese note entro novanta giorni.
In attesa delle motivazioni
“Il pool di difesa della famiglia Mottola attende serenamente le motivazioni di questo rinvio per vedere quali punti devono ancora essere discussi e approfonditi in fase di appello”. Questo il commento del criminologo Carmelo Lavorino, consulente della famiglia Mottola. “Gli avvocati Francesco Maria Germani, Piergiorgio Di Giuseppe, Paolo Marsella ed Enrico Meta, oltre ai loro consulenti, come il sottoscritto, faranno e faremo di tutto per far assolvere nuovamente i nostri assistiti. Se la Corte chiede nuovi approfondimenti, ci saranno senza nessun problema. L’annullamento della sentenza dice solo che deve essere motivata meglio, aspettiamo cosa dice la Cassazione e vedremo. I Mottola? Sono tranquilli e sereni e aspettano il devolvere della situazione, anche se questo ci fa perdere tempo prezioso per individuare il vero assassino di Serena Mollicone, dato che più passa il tempo più si perdono le tracce, sia fisiche, sia chimiche, sia testimoniali.”