Roma. Prosegue il processo d’appello per l’omicidio di Serena Mollicone, la studentessa uccisa ad Arce nel giugno 2001. Imputati il maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, all’epoca dei fatti comandante della stazione di Arce, il figlio Marco e la moglie Annamaria, accusati di concorso in omicidio insieme al carabiniere Vincenzo Quatrale. Un altro carabiniere, Francesco Suprano, è accusato di favoreggiamento. Tutti assolti in primo grado.
Oggi, 26 marzo, dinanzi alla Corte d’Assise d’Appello, è stata escussa Annarita Torriero, all’epoca coinvolta in una relazione con il brigadiere Santino Tuzi, morto suicida dopo rivelazioni ritenute significative ai fini dell’indagine.
La testimonianza della Torriero era molto attesa dopo che, all’udienza di alcuni giorni fa, la sua vicina di casa, Sonia Da Fonseca, aveva menzionato asserite confidenze da questa ricevute. A detta della Da Fonseca, Torriero le avrebbe riferito di aver visto Serena nella caserma dei carabinieri di Arce proprio il giorno della sua scomparsa, il 1° giugno 2001.
“Non ho visto Serena quel giorno”
Nella deposizione di oggi, Annarita Torriero, senza giri di parole, ha definito l’altra teste “una falsa”. “Non ho assolutamente detto di aver visto Serena e chi lo afferma sarà querelato per calunnia”, sono le parole della donna, riportate da Open. Ha spiegato che, dal momento che abitava lì vicino, si recava spesso in caserma per portare panini o bottigliette d’acqua al brigadiere Tuzi. Ma non si trovava in loco la mattina del 1° giugno di 23 anni fa. Prima della scomparsa e dell’omicidio, aveva effettivamente notato la diciottenne nella zona, talvolta vedendola “entrare e uscire dal cancello grande sotto della caserma nuova insieme ad altri amici.”
“Ma non so dire se entrava dentro o meno nella struttura”, ha precisato Torriero. “La vedevo al di fuori del palazzo, nella salita che precedeva il cancello. Dentro l’edificio, però, non l’ho mai vista.” La teste ha riferito che conosceva Serena perché il padre era il maestro di sua figlia. “La conoscevo, la vedevo sul corso di Arce con altri ragazzi, e pensavo: ‘come fa una brava ragazza come quella a stare in quella compagnia, con il figlio del maresciallo Mottola.’”
Santino Tuzi “non era più lo stesso”
Santino Tuzi, lo abbiamo detto, si è tolto la vita. Con un colpo di pistola, l’11 aprile 2008. Pochi giorni prima aveva riferito agli inquirenti che, il giorno della scomparsa di Serena, una ragazza molto somigliante a lei sarebbe entrata in caserma verso le 11 e non sarebbe più uscita. In quei giorni, secondo il racconto della Torriero, il brigadiere appariva quasi impazzito: “Era diverso, sembrava fuori di sé. Sosteneva che io stessa non ero mai andata da lui in caserma. Era quasi come se non mi riconoscesse.” Una tensione di cui, si legge su Open, si sarebbero in precedenza registrate diverse avvisaglie. A detta della donna, il brigadiere sarebbe apparso “preoccupato” per il processo legato a Serena. Ed avrebbe evidenziato bruschi sbalzi d’umore nelle vicinanze del luogo dov’era stato rivenuto il corpo senza vita della ragazza. “Non era più lo stesso”, secondo Annarita Torriero. “Ma non gli ho mai fatto domande a riguardo.”
Lo scenario dell’accusa
Secondo l’ipotesi della Procura, la morte di Serena sarebbe avvenuta in caserma. Una violenta discussione tra lei e il figlio del maresciallo, in esito alla quale quest’ultimo le avrebbe fatto battere con violenza la testa contro la porta di un alloggio in disuso. Motivo ipotizzato del litigio: la volontà di Serena di denunciare il giovane per la sua attività di spaccio. Secondo la difesa, le tracce rinvenute sulla vittima e sottoposte a esame forense non consentirebbero di avallare tale scenario.