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Delitto di Garlasco, scomparso il Dna trovato sulle unghie di Chiara Poggi?

Luca Marrone di Luca Marrone
9 Giugno 2025
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Pavia. Dopo tanto parlare di ipotesi, congetture, suggestioni e sogni relativi all’omicidio di Chiara Poggi, avvento a Garlasco il 13 agosto 2007, il rischio è che, nel comune sentire, si perda di vista uno degli aspetti più significativi della nuova indagine, che anzi ha dato avvio alla stessa.

Dna consumato o scomparso?

Nel corso dell’incidente probatorio che prenderà avvio il 17 giugno prossimo, si cercherà di stabilire se il Dna rivenuto sulle unghie di Chiara all’epoca dei primi rilevamenti possa ricondursi all’attuale indagato, Andrea Sempio, amico del fratello della giovane vittima. Una valutazione che si preannuncia tutt’altro che semplice, perché dei reperti del 2007 rimangono sì le perizie stilate allora, ma – riportano molti organi di stampa – le tracce vere e proprie, recuperate sulla scena del crimine, sarebbero “sparite”.

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Non “sparite” ma “consumate”, precisano altri giornali. E il confronto mediatico a lungo incentratosi sulle ricerche relative alla pedofilia effettuate da Chiara Poggi prima di morire, sulle sue mail su “intrallazzi” e “piccioni”, sulle indicibili pratiche che si dice si consumassero presso il santuario vicino a Garlasco, sulle intercettazioni della famiglia Cappa, torna a includere le problematiche afferenti alle scienze forensi, le modalità di esame della scena del crimine, di prelievo, conservazione, analisi delle tracce materiali del crimine.

Nessuno insomma avrebbe nascosto, reso irreperibili i reperti dell’epoca con l’intento di sottarli a ulteriori, potenzialmente risolutive analisi. Semplicemente, spiega Fanpage, quando reperti interessati soprattutto da materiale genetico vengono sottoposti ad analisi forensi, si consumano. Sarebbe appunto accaduto alle unghie di Chiara Poggi e al materiale genetico utilizzato nelle analisi condotte da Francesco De Stefano, perito incaricato nel processo di appello bis del 2014. Il riferimento è ad una delle articolazioni del procedimento nei confronti di Alberto Stasi, fidanzato della vittima, condannato poi in via definitiva per il delitto.

Nell’ambito delle attività peritali, le unghie della vittima sono state sciolte e ne è stato prelevato il materiale genetico ivi presente. Da esso, sono stati isolati solo i cromosomi Y, due: uno appartenente a un soggetto ignoto e uno forse riconducibile alla famiglia di Andrea Sempio. Invero, l’esiguità del materiale e la sua scarsa “chiarezza” non hanno allora consentito al perito di affermare in modo certo l’attribuibilità dello stesso a Sempio. Attribuibilità riaffermata, nei mesi scorsi, dai consulenti della difesa di Alberto Stasi che hanno riconsiderato i risultati della perizia di De Stefano. E l’incidente probatorio che inizierà il prossimo 17 giugno sarà incentrato proprio sulla possibilità di ricondurre o meno della traccia – sparita o consumata che sia – all’indagato.

Un particolare merita però di essere ribadito. Le perizie confluite nella documentazione processuale e le sentenze che hanno definito il giudizio, concordano su un punto: l’aggressione mortale si è svolta in circostanze e secondo modalità che non hanno consentito a Chiara di reagire, di difendersi. Dunque, il materiale genetico presente sulle sue unghie potrebbe non provenire dall’interazione con l’assassino.

La fotografia dell’impronta 33

Manca all’appello anche la famosa impronta palmare “33”, slatentizzata su un tratto del muro della scala che conduceva alla tavernetta di casa Poggi. All’epoca dei fatti, i tecnici della scientifica hanno prelevato il tratto di intonaco in cui l’impronta era stata localizzata. Oggi si dispone solo delle fotografie che la riproducono dopo l’esaltazione tramite ninidrina e, su tale foto, si è ritenuto di poter attribuire l’impronta a Sempio, ravvisandovi quindici punti di coincidenza con il disegno delle creste papillari dell’indagato (la giurisprudenza della Cassazione ritiene che la certezza dell’identificazione si prospetti ricorrendo almeno sedici punti di coincidenza). Anche in questo caso, si dovrà quindi procedere alle necessarie valutazioni basandosi solo su materiale fotografico. Perché l’intonaco con l’impronta, si legge sui giornali, è scomparso (o consumato).

Riteniamo che più di un lettore potrebbe chiedersi: la riconsiderazione di fotografie ed esiti di analisi peritali, senza poter sottoporre di nuovo a esame le tracce repertate, consentirà di approdare a valutazioni conclusive, oltre ogni ragionevole dubbio? A fronte dell’inusitato e parossistico clamore mediatico che sta suscitando, in queste settimane, il nuovo corso dell’indagine sul delitto di Chiara Poggi ha realisticamente la possibilità di approdare a un esito concreto e utile?

La morte risale a…

Secondo il medico legale che ha effettuato l’esame autoptico dei resti mortali di Chiara Poggi, il decesso si dovrebbe collocare tra le 10,30 e le 12 e, in tale arco temporale, più verosimilmente tra le 11 e le 11,30.

Secondo la Cassazione, l’aggressione omicida sarebbe avvenuta tra le 9,12 (ora in cui l’allarme della villetta dei Poggi è stato disattivato) e le 9,36.

I periti nominati dal Gup di Vigevano, Stefano Vitelli, che ha assolto Alberto Stasi in primo grado, hanno proposto di collocare la morte in tre possibili archi temporali: dalle 7 alle 12,30, con il 95% di probabilità in base a un metodo statistico che calcola il raffreddamento del corpo; tra le 8,30 e le 14, secondo una variante del medesimo parametro; alle 10 circa o alle 12,30, grazie a un ulteriore criterio di valutazione. Dati e conclusioni attualmente al vaglio dei titolari della nuova indagine.

Si potrebbe manifestare qualche pacato dubbio circa l’attuale, concreta possibilità di stabilire con certezza l’ora del decesso, a diciotto anni dal fatto e dovendo valutare conclusioni non esattamente sovrapponibili in proposito.

“E’ la stampa, bellezza”

Questi alcuni aspetti dell’indagine più focalizzati su problematiche forensi, che auspichiamo sinceramente possano approdare a esiti effettivamente utili. Il resto è silenzio, direbbe il grande bardo. Anzi, in questo caso, il resto è un martellamento incessante di notizie, congetture, illazioni, insinuazioni, sconfinamenti nella fiction televisiva e nel reality d’inchiesta interattivo.

C’è un po’ di tutto: presunti segreti di famiglia, una vittima con presunta doppia vita e relazione con un uomo più grande, pedofilia, ricatti, strani suicidi, massoneria, riti satanici, omicidi su commissione, sicari e mandanti. Non ci risulta che qualcuno abbia ancora evocato l’ombra dei servizi segreti deviati, immancabile nei casi irrisolti (e, per quel che vale, consideriamo tale l’omicidio di Chiara Poggi) ma non è detta l’ultima, il nuovo corso dell’indagine promette di essere ben lontano dal concludersi.

In particolare, a dispetto del fatto che l’inchiesta – almeno ufficialmente – riguarderebbe Andrea Sempio, in mancanza di altri indagati, l’attenzione dei media sembrerebbe essersi concentrata in particolare sulle sorelle Stefania e Paola Cappa, figlie del noto avvocato Ermanno Cappa. Tanto da indurre la famiglia a diffondere, tramite gi avvocati Gabriele Casartelli e Antonio Marino, il seguente comunicato: “Dovendo constatare che, ormai, non passa giorno senza che vengano diffuse, in modo del tutto incontrollato, le più assurde ed implausibili pseudo-informazioni, la famiglia Cappa comunica che non tollererà oltre questo modo di agire illecito e contrario alle norme di civile convivenza. Pertanto, rende noto di aver conferito mandato ai propri legali per tutelare, come già avvenuto anche nel recente passato, la propria reputazione a fronte di notizie di carattere diffamatorio diffuse dagli organi di stampa e dai social che nulla hanno a che vedere con pretesi ma inesistenti obiettivi di giustizia.”

Al di là delle esasperazioni, distorsioni e “abbellimenti” registratisi in queste settimane relativamente alla vicenda – senz’altro non condivisibili né auspicabili – restano pur sempre significativi e incontestabili dati di fatto, acquisiti recentemente o riemersi dalla vecchia indagine, che certo possono e devono rientrare nell’ambito di interesse dei giornalisti e costituire oggetto di indagine, approfondimento, valutazione.

Ci tornano alla mente le parole di Lord Northcliffe, cofondatore e proprietario del Daily Mail e del Daily Mirrior: “Una notizia è qualcosa che qualcuno da qualche parte non vuole che venga pubblicata: tutto il resto è pubblicità.”

“E’ la stampa, bellezza”, conclude Humphrey Bogart alla fine de L’ultima minaccia, riaffermando le prerogative del giornalista in tema di impegno per ricercare e diffondere la verità. Ma, proprio per questo, specialmente con riferimento a un caso giudiziario tanto complesso, lucidità, prudenza, misura, rigore e onestà intellettuale dovrebbero costituire imprescindibili modalità di approccio. Da parte dei giornalisti, come di tutti coloro che sono chiamati a gestirlo.

Tags: Chiara PoggiDelitto di Garlasco
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