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Delitto di Garlasco, depositata relazione tecnica sulle macchie di sangue in casa Poggi: quanti aggressori?

Luca Marrone di Luca Marrone
17 Settembre 2025
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Pavia. Dovrebbe essere la cronaca degli sviluppi dell’indagine su un omicidio avvenuto diciotto anni fa e finisce, sempre di più, per trasformarsi in una riflessione sulle dinamiche di propagazione delle notizie e sull’effettiva utilità delle attuali modalità di informazione.

Un solo aggressore?

Con riferimento al delitto di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007 – crimine per il quale è stato condannato il fidanzato della vittima, Alberto Stasi ed è attualmente indagato “per concorso” in omicidio, Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara – tra ieri pomeriggio, 16 settembre, e questa mattina presto, i quotidiani on line e non solo hanno dato conto del deposito, presso la Procura della Repubblica di Pavia, degli esiti della Bloodstain Pattern Analysis (BPA) effettuata dal Ris di Cagliari. Si tratta dell’analisi della morfologia delle macchie di sangue presenti sulla scena del crimine, nel tentativo di ricostruirne la dinamica. Nel caso di specie, tale valutazione è stata effettuata previa ricostruzione della scena attraverso sofisticati rilievi effettuali questa estate.

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Ebbene, per quanto riguarda gli esiti della relazione tecnica depositata dai Carabinieri, sui giornali abbiamo letto annunci del genere: “Omicidio Chiara Poggi, svolta nelle indagini: ‘A Garlasco un solo assassino’. La consulenza del Ris esclude il coinvolgimento di 2 o più persone (La Stampa); “Garlasco, l’analisi sulle macchie di sangue: ‘Una sola persona ha ucciso Chiara Poggi’” (Today); “‘Escluso il secondo killer a Garlasco’: le anticipazioni delle analisi del Ris sulle tracce di sangue” (Fanpage); “Garlasco, la perizia dei Ris esclude il secondo killer” (Rai News).

Finalmente un punto fermo in una indagine in cui, fin dall’inizio, ogni aspetto è sempre parso suscettibile di interpretazioni e valutazioni contrastanti? Non esattamente. Già ieri sera, Repubblica ha dedicato a sua volta un pezzo alla relazione tecnica depositata dal Ris, titolando: “Garlasco, scontro sul secondo killer: emerge una dinamica ‘profondamente diversa’ sul delitto”. Nell’articolo si legge tra l’altro: “E una questione rimane aperta sul numero degli aggressori di Chiara Poggi: un punto su cui il colonnello Andrea Berti, comandante del Ris di Cagliari dei carabinieri e consulente della Procura di Pavia, nelle sue conclusioni non ha volutamente dato indicazioni in merito, lasciando ai colleghi del Nucleo investigativo di Milano la soluzione del rebus.”

Lo stralcio è riportato su un post di Facebook pubblicato dal giornalista Luigi Grimaldi. E, sempre su Facebook, Albina Perri, direttrice del settimanale Giallo, condivide altri estratti dall’articolo di un quotidiano, secondo cui “Il documento [la relazione del Ris, ndr] non fa riferimenti alla presenza di una o più persone sulla scena del crimine.” E ancora: “Il consulente della Procura di Pavia non sarebbe entrato nel merito sulla presenza di una sola persona o più persone nel delitto o nelle fasi successive.”

Le prime indiscrezioni emerse in merito alla consulenza risulterebbero quindi, a detta degli stessi inquirenti, “non aderenti a quanto riportato nella relazione”: quest’ultima è stata pertanto secretata e non verrà messa a disposizione delle parti fino alla chiusura delle indagini.

Dunque? Nell’impossibilità di stabilire con certezza cosa sia effettivamente riportato nella summenzionata relazione tecnica del Ris, ci asteniamo da osservazioni, valutazioni e commenti. Ci permettiamo solo di considerare che il proliferare delle fonti di informazione non sembrerebbe garantire, come si potrebbe essere indotti a ritenere, notizie sempre più puntuali, esatte e approfondite, ma l’esatto contrario. A tanti mesi dalla riapertura del caso, dopo aver letto migliaia di articoli di giornale, ascoltato le chiacchiere senza fine di veri o presunti esperti televisivi, cosa sappiamo effettivamente della nuova indagine in corso? Dei riscontri effettivamente acquisiti dagli inquirenti? Ci sembra, molto poco. Comunque, poco in riferimento alla spropositata, debordante copertura mediatica che il delitto ha avuto e continua ad avere.

L’impronta di una mano

La consulenza tecnica in questione, comunque, sembrerebbe prendere in esame anche l’impronta di una mano, fotografata nella villetta dei Poggi, il teatro del delitto, e mai evidenziata nei precedenti accertamenti. Una traccia impressa in una chiazza di sangue sita alla base delle scale che portano al primo piano dell’abitazione. Era menzionata nell’elaborato del professor Francesco Maria Avato, consulente della difesa di Alberto Stasi all’epoca del processo. Impronta di difficile attribuzione: lavorando solo su immagini, risulta arduo ricondurla con certezza a una mano di Chiara Poggi o dell’aggressore o anche attribuirla a una possibile contaminazione della scena: a proposito di quest’ultima eventualità, consideriamo che, a quanto si legge sul Corriere della Sera, uno dei primi Carabinieri intervenuti in loco era scivolato sul sangue della vittima.

Analisi dattiloscopica

Il prossimo 24 settembre, comunque, si tornerà in aula per una richiesta di proroga dell’incidente probatorio in corso. Nella circostanza, verrà anche nominato un nuovo perito dattiloscopista, con l’incarico di analizzare le otto impronte rivenute sui reperti all’interno della spazzatura presente in casa Poggi il giorno del delitto e sui resti della colazione della vittima. In particolare, sei impronte sul sacchetto dei cereali e due su quello della spazzatura. Nessuna traccia dattiloscopica sulla bottiglia di “Estathé”, dove risulterebbe presente il Dna di Alberto Stasi.

“Ci hanno impedito di esaminare la spazzatura”

E, a proposito delle tracce della spazzatura di casa Poggi, nei giorni scorsi è emerso un ulteriore particolare relativo alle indagini effettuate a ridosso del delitto. Intervistato nel corso della trasmissione Quarta Repubblica, il genetista Matteo Fabbri, all’epoca uno dei consulenti tecnici della difesa di Stasi, ha affermato che a lui e ai suoi colleghi non sarebbe stato consentito di esaminare il contenuto della pattumiera. Un tentativo in tal senso era stato effettuato “quando ci venne data la prima possibilità di accedere alla casa dopo circa trenta giorni dall’omicidio della povera Chiara.”

“Tentammo, ovviamente non eravamo soli, ma in compagnia di tutte le parti del processo, in uno spirito che si credeva di collaborazione. Tentammo di ispezionare il contenuto di questa pattumiera, azione che ci venne fortemente bloccata e impedita”, ha riferito Fabbri.

“Riuscimmo semplicemente a fare una piccola fotografia di questo contenuto. Dove, a ricordo, comparivano i ‘Fruttoli’ e questo ‘Estathé’”, ha aggiunto.

Perché? “Sinceramente non ho la motivazione ancora oggi.”

Tags: Chiara PoggiDelitto di Garlasco
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