Pavia. Andrea Sempio, amico del fratello della ventiseienne Chiara Poggi, uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007, è indagato dalla Procura per l’omicidio della giovane.
All’epoca dei fatti aveva 19 anni e, tra il 2016 e il 2017, era già stato sottoposto a indagini – sollecitate dai legali di Alberto Stasi, condannato in via definitiva per il delitto – per via di tracce di Dna rinvenute sotto le unghie della vittima. Le accuse nei suoi confronti erano state archiviate. Ora, a quanto si apprende dal Tg1, Sempio ha ricevuto un avviso di garanzia correlato a una ulteriore indagine sul materiale genetico, realizzata con nuove tecniche di estrazione e analisi del Dna. Nell’atto, l’accusa contestata è omicidio in concorso con ignoti o con lo stesso Alberto Stasi, per aver ucciso la Poggi colpendola “al capo e al volto con reiterati colpi inferti con un corpo contundente.”
Il caso
Garlasco, lunedì 13 agosto 2007. Alle 13,50 circa, una telefonata al 118. “Credo che abbiano ucciso una persona, ma non ne sono sicuro… forse è viva. C’è sangue dappertutto e lei è sdraiata per terra.” All’apparecchio, Alberto Stasi, fidanzato della vittima.
La giovane è riversa sulle scale che conducono alla cantina della villetta di famiglia. E’ stata uccisa, forse con un martello. L’arma del delitto non sarà mai ritrovata.
A terra, vicino al corpo, una pozza di sangue. Gli abiti e le calzature di Stasi, quando giunge dai Carabinieri, non mostrano tracce di sostanza ematica. Si ipotizza che si sia cambiato prima di presentarsi alle autorità e viene immediatamente sospettato del delitto. Uno dei numerosi esperimenti effettuati in seguito, nel corso del processo a suo carico, perverrà alla conclusione che, durante la sua permanenza sulla scena del crimine, la possibilità di Alberto di non calpestare il sangue di Chiara fosse dello 0,00038 %.
Il giovane, studente alla Bocconi, si professa innocente, riferisce di essersi recato presso la villetta della fidanzata perché quest’ultima, rimasta sola in casa mentre i genitori e il fratello sono in vacanza, non rispondeva al telefono.
Un dispenser e due biciclette
Sul dispenser del sapone presente nella stanza da bagno al pianterreno viene rinvenuta l’impronta dell’anulare destro di Alberto, che l’accusa ipotizza sia stata lasciata nell’atto di lavarsi le mani dopo il delitto.
Due testimoni riferiscono di aver visto una bicicletta nera da donna appoggiata al muro della casa della giovane. Tempo dopo viene sequestrata la bici di Stasi, una “Umberto Dei” rosso bordeaux. Sui pedali di quest’ultima vengono rinvenute tracce del Dna di Chiara. La famiglia del fidanzato della vittima dispone in effetti anche di una biciletta nera, marca “Luxury”. Qualcuno ipotizza uno scambio dei pedali.
Un capello e un’impronta
Tra le mani della ragazza viene ritrovato un capello castano chiaro. È privo di bulbo, non utilmente impiegabile in un esame del Dna. Sulla spalla, le impronte di una mano. Potrebbero essere riconducibili all’aggressore, ma vengono perdute in sede di esame cadaverico.
La vittima conosceva l’assassino?
Assenti sulla scena tracce d’effrazione, Chiara deve aver aperto la porta al proprio assassino. Indossava un pigiama rosa e, come confermato dai familiari, non si sarebbe certo presentata in pigiama a uno sconosciuto.
Il movente
Il movente non viene individuato. Nel computer con cui Stasi sta lavorando alla tesi di laurea, i Carabinieri recuperano oltre diecimila foto di minori. Ipotesi: possibile che Chiara abbia scoperto le foto e chiesto spiegazioni, innescando una lite degenerata in omicidio? In ogni caso, lo studente viene assolto dall’accusa di detenzione di materiale pedopornografico e, secondo il suo avvocato, quelle immagini non avrebbero nulla a che vedere con il movente.
Stasi condannato
Dopo un iter processuale lungo, problematico e dagli esiti contrastanti, nel 2015 Stasi viene condannato in via definitiva a sedici anni di reclusione per omicidio volontario, con l’esclusione delle aggravanti della crudeltà e della premeditazione. Pena ridotta di un terzo per la scelta del rito abbreviato. L’accusa aveva chiesto trent’anni anni e, in tema di movente, ipotizzato un attacco di rabbia.
Oggi Stasi esce ogni giorno dal carcere di Bollate per lavorare come contabile in un’azienda. Si è impegnato a corrispondere mensilmente alla famiglia Poggi una quota del proprio stipendio, per un minimo di 9000 Euro l’anno.
La Cedu, Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha recentemente dichiarato irricevibile il suo ricorso teso a richiedere l’annullamento della condanna per violazione dei suoi diritti in quanto, nel corso del secondo giudizio di appello, non sarebbero stati sentiti due testimoni su argomenti sollecitati dalla difesa. Su questo punto anche la Cassazione, nel 2018, aveva rigettato un ricorso straordinario.
L’archiviazione del 2017
Oggi si torna a parlare del caso, come abbiamo visto, per l’iscrizione di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi, nel registro degli indagati. Già sottoposto a indagine, il 28 marzo 2017 il procedimento nei suoi confronti era stato archiviato, avendo il Gip di Pavia ritenuta accertata la sua estraneità all’omicidio.
All’epoca del delitto, Sempio frequentava sì la famiglia Poggi ma, a quanto da lui affermato, avrebbe conosciuto Chiara solo di vista. “L’ho incrociata qualche volta in casa. Con lei avevo un rapporto puramente di cortesia: ci incontravamo in casa, ci salutavamo e fine”, aveva ribadito in un’intervista rilasciata nel 2017 alla trasmissione Quarto grado.
L’azione giudiziaria avviata allora nei suoi confronti era scaturita da un esposto della madre di Alberto Stasi, in cui si ipotizzava la presenza del Dna di Sempio sotto le unghie della vittima. Alla base dell’ipotesi, vi era una consulenza genetico-forense che, secondo il Gip, sarebbe stata “viziata ab origine già nella formulazione del quesito laddove pretende di confrontare i risultati di oggi con quelli ottenuti nella perizia De Stefano [valutata nel corso del giudizio, ndr]. Quest’ultimo aveva concluso la propria perizia affermando che, essendo i risultati incostanti, gravati da artefatti conseguenti a possibile degradazione e inserimenti contaminanti, nonché soggetti a probabile contaminazione ambientale, non sono utilizzabili per definire una ‘ipotesi di identità’, quindi per effettuare alcun confronto con un profilo genetico.” Per il magistrato, dunque, detta nuova consulenza sarebbe risultata “radicalmente priva di attendibilità”.
“Se è non condivisibile ma umanamente comprensibile l’intento di fare di tutto per difendersi da una gravissima accusa, anche dopo l’esaurimento dei possibili gradi di giudizio ordinario, nel caso di specie ci si deve tuttavia arrestare di fronte all’inconsistenza degli sforzi profusi dalla difesa di Stasi”, aveva quindi considerato il Gip nell’archiviare il procedimento.
E ora, l’inatteso sviluppo. Sempio dovrà presentarsi presso il reparto della Scientifica dei Carabinieri di Milano, per sottoporsi ad esame salivare e tampone, per consentire la comparazione il suo Dna con quello a suo tempo recuperato sotto le unghie della vittima. Gli esami sono stati disposti in modo coattivo, dopo che l’interessato ha negato il proprio consenso a eseguirli.
“Andrea Sempio è allibito e sconvolto”, ha dichiarato il suo avvocato, Massimo Lovati.