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Delitto del Morrone: genitori e sorella Tamara tornano al bosco di Mandra Castrata per il XX anniversario

Redazione Centrale di Redazione Centrale
21 Agosto 2017
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Passo San Leonardo. I genitori e la sorella di Tamara Gobbo, la ragazza originaria di Padova, uccisa 20 anni fa insieme all’amica Diana Olivetti da un pastore macedone mentre stava facendo un’escursione sul Monte Morrone, sono risaliti fino al bosco di Mandra Castrata, ripercorrendo a piedi, l’intero tragitto fino al cippo che ricorda la tragedia. A scampare all’orrore fu la sorella di Diana, Silvia, creduta morta e riuscita a fuggire; la ragazza, all’epoca 20enne, ha poi trovato l’amore in Abruzzo, dove si è sposata nel 2003 con un giovane di San Valentino, un paese che si trova sulla strada che porta al Monte Morrone. Quasi nove chilometri lungo il ‘sentiero delle signore’, che Cesare e Fiorenza Gobbo hanno voluto risalire da soli insieme alla figlia Silvia, per tenere vivo il ricordo di Tamara e Diana vittime della furia assassina di Alivebi Hasani, che le uccise dopo aver cercato di abusare di una di loro. Per la famiglia Gobbo è stata quasi una via crucis fino al cippo dove ha recitato alcune preghiere prima di riprendere la strada del ritorno. Con loro non c’erano i genitori di Diana Olivetti, Alfio e Gabriella che, a causa dell’indisponibilità di auto fuoristrada dei carabinieri del corpo forestale impegnate in queste ore per arginare il vasto incendio che si è sviluppato sul monte Morrone, saliranno sul luogo della tragedia nei prossimi giorni, molto probabilmente martedì.

Una tragica vicenda che viene ricordata come ‘il delitto del Morrone’ e che fa parlare e discutere ancora a distanza di tanto tempo. Anche perché la storia presenterebbe molti buchi neri. Dopo essere stato condannato al carcere a vita e aver trascorso una decina di anni nelle carceri italiane, tra cui quello di Padova, a meno di dieci chilometri da Albignasego, paese dove risiedevano le ragazze uccise, Hasani, è stato riportato in Macedonia per scontare il resto della pena. Buchi neri che hanno spinto il procuratore della Repubblica del tribunale di Sulmona, Giuseppe Bellelli, a studiare a fondo il caso. Tanto che nel settembre dello scorso anno, è salito fino al bosco di Mandra Castrata, accompagnato dal sostituto procuratore Aura Scarsella – che all’epoca seguì il caso – per rendersi conto di persona di quello che era stato lo scenario della tragedia. E lo stesso procuratore non ha escluso che in presenza di clamorose novità, il caso possa essere riaperto.

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