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Debutta al Teatro Comunale di Popoli “Vecchiaccia” di Stefano Benni

Redazione Cronaca di Redazione Cronaca
2 Marzo 2022
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Popoli. Debutta nel Teatro comunale di Popoli il prossimo 8 Marzo alle ore 21 (repliche il 9 Marzo sempre alle 21 e il 10 Marzo alle 18,30) , in occasione della Giornata Internazionale della Donna e come prologo alla quinta edizione di Ur-Fest Il Teatro della Città promosso da Drammateatro e Comune di Popoli, lo spettacolo del Drammateatro Vecchiaccia di Stefano Benni, per la regia e la drammaturgia di Claudio Di Scanno con in scena Rebecca Di Renzo e con un contributo registrato di Susanna Costaglione.

Vecchiaccia è tra i monologhi ispirati ai temi del femminile che Stefano Benni raccoglie nel volume Le Beatrici e che il regista abruzzese affida ad una giovanissima attrice del Drammateatro per una messa in scena ironica e graffiante in uno spazio scenograficamente evocativo e denso di natura, tra piante e piccoli uccelli cinguettanti. È il dramma di una donna che giace immobile in una stanza buia e ricorda la vitalità e la bellezza della gioventù e lo fa sempre con lo stile comico di Benni. Il modo di esprimersi di questa malinconica signora è crudo da pugno nello stomaco. Su tutto aleggia l’ombra della solitudine dell’anziana che non viene vista altrimenti che come un posto in tavola in una casa di riposo persa in mezzo agli alberi, nascosta dalla città. E allora lei urla, urla forte, fortissimo e per un istante, anche se piccolo, la gente si accorge di lei provocandole un senso di insano godimento.

Così scrive Claudio Di Scanno nelle sue note di regia: “C’è un particolare preciso nel testo di Stefano Benni che apre, con la chiave del senso, tutto l’impianto narrativo sostanziale: è l’attimo in cui dal corpo in disfacimento della vecchiaccia emerge quello di lei da giovane. Il corpo bellissimo di una giovane donna. Lei, la vecchiaccia, da giovane. Gli indizi letterari sono in tal senso ricorrenti, ma lì in quel punto Benni indica questo ritorno alla bellezza del corpo giovane con una precisa indicazione: Si alza in piedi, a braccia aperte, ed è bellissima. Una immagine/tempo dal segno del doppio, aggiungerei perturbante. E d’altra parte, è forse il deterioramento, il raggrinzimento (per usare un termine dell’autore) del corpo ad essere veicolo di memoria, laddove esso è sinonimo di vecchiaia come corpo/tempo, e quindi rincorsa malinconica alla giovinezza perduta. Ed è questa rincorsa alla percezione di ciò che si era (“ero bella…avevo delle belle gambe…bella che sei, pedala, facci vedere…) a suggerire in ciascuno di noi la freschezza della memoria personale. Memoria di sé e del tempo che abbiamo attraversato e che ci ha attraversato. Di quel sé che siamo stati e di cui oggi viviamo, al presente, una particolare eredità che ci ha segnato, che ci segna.

Che ha scalfito il nostro corpo, la nostra vita. Raccontare di sé da giovani, nelle pagine di una esistenza scalfita dalla guerra, dall’epoca buia del fascismo, dalle ferite dei tentativi di stupro tutti interni alla famiglia, dell’amore nel granaio con colui che si amava e a cui hanno sparato alla gola… Raccontare poi di sé nel tempo della memoria che ti riprecipita nella dolorosa attualità di un ospizio, anticamera di quel viaggio finale lungo il viale alberato da cui non si torna indietro…Come mio solito, costruisco attimo dopo attimo una drammaturgia del ribaltamento che mi rende compromesso con l’avventura della scrittura dell’autore. Rebecca ha poco più che 20 anni ed è per me la Vecchiaccia da giovane, il testimone in scena della memoria di questa figura che Stefano Benni ha voluto dotare del soffio vitale della scrittura.

È lei a parlare di Lei, da giovane, e scavare il solco di una vita che s’intreccia nel groviglio dei fili cui si risolve la memoria del corpo. E quel groviglio di flash beck è lo spazio/tempo dell’ultimo viaggio di Vecchiaccia, evidentemente nella maschera del non ritorno…con l’ironia, la ruvidezza, la sottile comicità di Stefano Benni; con l’energia, la consapevolezza, l’ostinata dedizione al teatro di una giovanissima attrice. Anche questo è per me Vecchiaccia”.

E per rendere più compiuto il senso della costruzione drammaturgica, crea un prologo con la bellissima poesia Sul Tempo del poeta libanese Khalil Gibran ed un epilogo tratto da Terra Desolata di Thomas Eliot, qui restituito testualmente in scena da un contributo registrato di Susanna Costaglione. Spettacolo sulla solitudine della vecchiaia, sulla memoria del corpo attraversata e segnata dalla guerra e dall’amore, dai tentativi di stupro e dall’abbandono in quelle terribili anticamere della morte che sono spesso le case di riposo. Anche da qui, da questa condizione di abbandono, la scelta di un debutto nella Giornata Internazionale della Donna per uno spettacolo in cui la durezza del testo e della interpretazione di Rebecca Di Renzo riemerge da una tessitura drammaturgica ironica, simpatica e spesso divertente.

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