Quattro milioni di alunni delle scuole statali e paritarie, quasi la metà dell’intera popolazione scolastica composta da circa 8 milioni di studenti, da domani e per almeno un mese non andranno a scuola e parteciperanno alle lezioni da remoto da casa, come era successo nel marzo scorso e sino alla fine dell’anno scolastico. E sempre da domani tutti gli studenti frequenteranno in presenza dovranno indossare le mascherine, anche i bambini che hanno dai 6 anni in su.
“Il valore sociale della scuola è inestimabile: in alcune parti del paese senza scuola non si mangia, non c’è un pasto. La scuola è un servizio di fondamentale importanza anche in prospettiva, per questo mi sono battuta per tenerla aperta”, ha detto oggi la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina che in queste settimane si è battuta per non chiudere nuovamente le scuole. “Dal presente e dal futuro della scuola italiana dipende il presente e il futuro del paese, la politica di questo deve prendere atto”, ha proseguito la titolare del Ministero dell’Istruzione partecipando oggi al Forum PA 2020 e rendendo noto di aver chiesto che una buona parte dei soldi del Recovery vengano investiti in istruzione, “perchè la scuola è il muro portante del paese”. Intanto però l’effetto combinato dell’ultimo dpcm e
delle ordinanze regionali, ha già causato per alcuni studenti e provocherà per altri, da domani, la mancanza di scuola in presenza, nonostante gli esperti abbiano evidenziato il danno che questo comporta sia dal punto di vista psicologico che sull’apprendimento.
Il Dpcm del 3 novembre, infatti, ha previsto per tutti gli studenti della secondaria di II grado, che riguarda 2,7 milioni di ragazzi, la didattica a distanza integrata non più al 75% dell’orario, come già disposto dal precedente Dpcm del 24 ottobre, ma al 100%: tutti a casa collegati in Dad. In aggiunta, per le regioni individuate in area rossa (Lombardia, Piemonte, Calabria Valle d’Aosta) la Dad si estenderà ad oltre 316 mila alunni del secondo e terzo anno della secondaria di I grado. Ci sono poi le
ordinanze regionali di Campania e Puglia che hanno sospeso le attività in presenza, la Campania per tutti (poco meno di un milione di alunni) e la Puglia per mezzo milione di alunni del primo e del secondo ciclo. Dopo la Campania e la Puglia (rispettivamente con il 100% e l’84% di alunni a casa), seguono con percentuali tra il 43 e il 47% la Calabria, il Piemonte e la Lombardia, le regioni dell’area rossa, appunto. In Puglia è forte il malessere della comunità scolastica, dei sindacati e dei genitori per la sospensione della scuola in presenza: in una lettera al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, il presidente regionale pugliese dell’Associazione nazionale presidi (Anp), Roberto Romito, chiede che il Governo intervenga per la revoca della ordinanza della Regione; Cgil Cisl e Uil chiedono al presidente Emiliano un tavolo permanente mentre alcuni coordinamenti di genitori e il Codacons hanno presentato ricorsi per ottenere la riapertura degli istituti.
“Auspichiamo che le Regioni si adeguino a quanto stabilito per le scuole nel Dpcm in vigore da domani: il Governo ha compiuto delle scelte sulla base di dati scientifici, tenendo in considerazione tanto i rischi sanitari quanto l’alta rilevanza del diritto allo studio”, afferma Gianluca Vacca, capogruppo M5S in commissione Istruzione a Montecitorio. Mentre gli esponenti M5S in Commissione Istruzione in Senato chiedono al presidente Nencini di convocare i presidenti di Puglia e Campania, Emiliano e De Luca: vogliono che i governatori rendano conto delle loro decisioni di
tenere chiuse le scuole.