L’Aquila. Azione Civile Abruzzo rilancia gli allarmi per la sicurezza del Presidente nazionale del Movimento Antonio Ingroia, ex pm antimafia e oggi impegnato in molti processi a rischio (‘ndrangheta stragista e omicidi Angelo Vassallo e Attilio Manca ad esempio), a cui è stata revocata la scorta nei mesi scorsi. Finora non ripristinata neanche dal TAR del Lazio. Nonostante nei mesi scorsi l’abitazione di Ingroia ha subito due “strani furti” che dimostrano il rischio che corra e come c’è chi ha messo nel mirino la sua attuale attività.
La revoca, poi stoppata in pochi giorni, della scorta al giornalista Sandro Ruotolo (minacciato dai Casalesi per le sue inchieste) ha acceso i riflettori sul rischio che corrono coloro che hanno denunciato e messo la faccia in prima linea mafie e malaffare nel nostro Paese.
Negli ultimi anni ha preso piede un discorso retorico e propagandistico che considera le scorte un privilegio per ricchi e “grandi politici”. Alla fine della fiera, mentre i privilegi della “casta” sono rimasti intangibili (o quasi), questo discorso sta mettendo a rischio persone come il dott. Ingroia, testimoni di giustizia ed altri. Raccogliendo l’appello di tutto il movimento e del gruppo spontaneo “Ridate la scorta ad Antonio Ingroia” Azione Civile Abruzzo propone di firmare in massa la petizione online* e inviare al Presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra la lettera il cui testo inviamo in calce a questo comunicato.
Il TAR del Lazio deciderà nel merito nei prossimi mesi sul ripristino della scorta ad Antonio Ingroia. Ma, anche se dovesse cambiare orientamento, attualmente è senza alcuna protezione dallo Stato e la sua sicurezza è a rischio. Una vicenda che solleva un problema anche più generale e grave di democrazia e (mancata) giustizia. Ci sono tante persone nel nostro Paese che hanno denunciato le mafie, che si sono esposte e schierate contro le cosche, e oggi non sono tutelate, la cui vita potrebbe essere in pericolo.
Ha destato scalpore per alcuni giorni, salvo poi cadere nell’oblio mediatico, l’assassinio a Pesaro del fratello di un ex appartenente alla ‘ndrangheta diventato nel 2000 collaboratore di giustizia. Negli anni abbiamo visto testimoni e collaboratori di giustizia (categorie ben diverse e distinte) che hanno denunciato di non sentirsi protetti, supportati, di non riuscire a vivere per mancanze del supporto statale. Il giornalista molisano Paolo De Chiara ha riportato in una recente intervista un quadro tutt’altro che positivo.
L’allarme sulla sicurezza dei testimoni di giustizia è arrivato anche da Gennaro Ciliberto, il 6 dicembre scorso giunto a Roma per testimoniare in tribunale senza avere più la scorta e quindi rischiando la propria vita. Scorta revocata anche per un altro testimone di giustizia, Vincenzo Conticello. Ignazio Cutrò, presidente dell’Associazione nazionale testimoni di giustizia, ha denunciato che lo Stato non protegge “i suoi figli migliori per ragioni di bilancio” e che i testimoni di giustizia sentono “l’amarezza di essere stati spremuti come limoni e poi scartati”.
Davanti alle mafie, al crimine organizzato, ai poteri sporchi, opachi, corrotti e stragisti non possono esistere esigenze di bilancio o di altro tipo. Ci sono persone che allo Stato hanno dato tantissimo, schierandosi in una vera e propria guerra. E rischiando in primissima persona. Non devono essere lasciati soli. Ma protetti sempre, in maniera efficace.


