L’Aquila. L’impatto della pandemia sui livelli di attività dell’industria manifatturiera della provincia dell’Aquila è stato immediato e violento, con una diminuzione della produzione, nei primi due mesi di lockdown, del 40%, anche se con un profilo fortemente disomogeneo a livello settoriale, che varia dal – 92,8% del settore dei prodotti in pelle al -5,5% del farmaceutico. Il deficit della crescita è strutturale, anche a causa del crollo della componente pubblica degli investimenti, in costante flessione dal 2011. E’ quanto si evince dall’analisi di Confindustria L’Aquila Abruzzo Interno sulla base del Rapporto del Centro studi di Confindustria su “Innovazione e resilienza: i percorsi dell’industria italiana nel mondo che cambia”.
“Il recupero dei livelli produttivi, da maggio, è stato pressoché istantaneo, così che nel giro di quattro mesi il livello di produzione è tornato intorno ai valori di gennaio con un incremento del 76% rispetto al minimo toccato in aprile”, affermano Riccardo Podda, presidenza di Confindustria L’Aquila Abruzzo Interno, e Francesco De Bartolomeis, direttore dell’associazione, “ma le prospettive per i mesi autunnali sono tornate negative, in linea con l’aumento dei contagi a livello globale e con l’introduzione di nuove misure restrittive”.
E la provincia dell’Aquila non si discosta dall’andamento nazionale, seguendo un trend che rende il deficit di crescita ormai strutturale, anche se, va fatto notare, il rallentamento produttivo dell’Italia e della nostra provincia”, dicono Podda e De Bartolomeis, “non costituisce un’anomalia nel confronto internazionale. Rispetto alle altre grandi economie europee il nostro Paese mostra, anzi, una contrazione dei tassi di crescita relativamente contenuta, oltre che una maggiore reattività allo shock pandemico”. Sulla contrazione della crescita, evidenzia il Rapporto di Confindustria, “pesa la graduale erosione della domanda interna, che limita la possibilità per i produttori nazionali e locali di trovare spazio sul mercato domestico”.
“Spicca, in questo ambito, il crollo della componente pubblica degli investimenti, mentre la componente privata si è risollevata, anche grazie agli effetti positivi del Piano “Industria 4.0”. A partire dal 2014 si è avuta una fase di ripresa dei flussi di investimento, che ha riguardato i soli investimenti privati, arrivata fino al 2018 (tra 2014 e 2018 si registra una variazione positiva di quasi il 13%, ma il livello raggiunto è inferiore di quasi 20 punti percentuali rispetto al picco del 2007). Il progressivo assottigliarsi dei livelli di attività non poteva essere senza conseguenze sulle dimensioni stesse dell’apparato produttivo”, prosegue il Rapporto del Centro studi di Confindustria, “con una stima prudenziale della variazione cumulata del saldo, dal 2017 al 2020, che indica una contrazione del numero delle imprese superiore alle 32mila unità a livello nazionale”.
“Il numero delle entrate di nuove imprese sul mercato è divenuto di gran lunga inferiore a quello delle uscite, ovvero i processi di formazione di nuove imprese non sono più in grado, diversamente dal passato di garantire l’espansione della base produttiva. Dal punto di vista dell’occupazione la drammatica caduta dell’output manifatturiero è stata quasi interamente assorbita dalla riduzione del monte-ore lavorate (-23%), a fronte della sostanziale tenuta del numero degli occupati complessivi (-0,6%)”. “Dato che corrisponde alle rilevazioni della provincia dell’Aquila”, spiegano Podda e De Bartolomeis, “dove hanno fatto da cuscinetto un’ampia gamma di forme di riduzione dell’orario, lo smaltimento delle ferie arretrate e l’utilizzo di congedi, il ricorso rapido e massiccio a strumenti di integrazione al reddito da lavoro, in primis la cassa integrazione in deroga ma, naturalmente, ha contato fin qui anche il blocco dei licenziamenti”.
“Sul fronte della struttura del mercato del lavoro si registra una netta flessione dell’occupazione femminile e dei lavoratori al di sotto dei 35 anni”. L’uscita dalla pandemia, secondo il Rapporto elaborato da Confindustria, “coinciderà con cambiamenti importanti negli stessi driver dello sviluppo, nell’ambito dei quali un ruolo importante sarà svolto dalla transizione green. L’industria locale affronta la sfida della sostenibilità ambientale potendo contare su un vantaggio strategico, avendo già da tempo introdotto un approccio “responsabile” alla produzione e al consumo di risorse, con un ridotto impatto in termini di rifiuti solidi prodotti, grazie ad un approccio circolare rispetto all’utilizzo delle risorse, e un contenuto impatto in termini di emissioni di gas serra prodotti dalle attività di trasformazione”.