L’Aquila. Sono incoraggianti i primi dati sull’efficacia della quinta dose del vaccino anti Covid-19: “sono pochissimi i risultati pubblicati finora, ma sono indubbiamente positivi”, dice all’ANSA Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto farmacologico ‘Mario Negri’. Le prime ricerche sono state condotte su persone che hanno ricevuto un trapianto e perciò con un sistema immunitario molto debole perché ‘silenziato’ dai farmaci antirigetto. Il primo studio, pubblicato sulla rivista Transplantation, è stato condotto a Baltimora su 18 pazienti trapiantati; tutti avevano ricevuto cinque dosi di vaccino a Rna messaggero (mRna).
“È stato necessario somministrare cinque dosi perché la loro risposta immunitaria era debole e sono stati prodotti dalla malattia grave ed è migliorata la risposta anticorpale e i pazienti erano protetti dalla malattia grave”, osserva Remuzzi.
Il secondo studio, pubblicato sul Journal of Cinical Medicine, è stato condotto in Germania, a Berlino, su 1.478 trapiantati, con una buona risposta in termini di produzione di anticorpi dopo la quinta dose. In nessuno dei due studi sono stati osservati effetti colleterali importanti e la quintya dose non ha indotto il rigetto del trapianto.
“In entrambi i casi esiste l’evidenza che la quinta dose del vaccino è efficace in pazienti immunocompromessi come i trapiantati. Se, come sostengono alcuni, più dosi di vaccino inducessero tolleranza, questi pazienti non avrebbero dovuto rispondere”.
Nel frattempo si lavora a nuovi farmaci anti Covid, come sistemi che si somministrano per via nasale, agendo quindi nelle prime vie di ingresso del virus SarsCoV2 nell’organismo, le mucose, e che per questo potrebbero essere anche meno sensibili alle varanti. La rivista Nature, conclude Remuzzi, ha pubblicato nel dicembre scorso una ricerca, condotta al momento prevalentemente su animali ma anche su polmoni umani perfusi con il farmaco, e indica che l’acido ursodessìossicolico comunemente utilizzato per la terapia delle vie biliari, sia capace di bloccare la via d’ingresso del virus nelle cellule. Nell”editoriale che accompagna l’articolo su Nature, si rileva che si tratta di una prospettiva di ricerca estremamente importante, anche se saranno necessarie conferme nell’uomo.