Chieti. L’intervento su Altreconomia a firma di Paolo Pileri, ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano, poi ripreso da alcuni mass-media, ha dato alla vicenda Megalò 2 – Mirò un rilievo nazionale che getta un meritato discredito sulla classe politica che ha consentito la costruzione di un centro commerciale in un’ansa del fiume Pescara. Quella stessa classe politica, bipartisan, che ha anche sperperato 54 milioni di euro di denaro pubblico per realizzare casse di laminazione artificiali. All’ex presidente regionale D’Alfonso, che ha rivendicato la paternità di quell’intervento, vale la pena di far notare che tutti quei milioni avrebbero potuto essere spesi con ben maggior utilità, ad esempio, per la sanità e le scuole invece che per un’opera faraonica a difesa (anche) di interventi privati che hanno cancellato un’area di espansione naturale aumentando il rischio alluvioni a monte e a valle del Centro commerciale.
Il WWF Chieti-Pescara, che da sempre segue, con varie collaborazioni, la questione attraverso osservazioni e interventi giudiziari in critica ai devastanti progetti, ringrazia il prof. Pileri e aggiunge qualche altra considerazione alle motivate critiche del docente.
«Non va dimenticato – ricorda in primo luogo la presidente del WWF Chieti-Pescara Nicoletta Di Francesco – che il centro commerciale attualmente esistente venne realizzato senza valutazione di impatto ambientale grazie a una legge regionale che consentiva di evitarla, una legge abrogata dopo pochi mesi perché in contrasto con la normativa nazionale ed europea. Una scorciatoia assurda, e non c’è solo questo: Megalò venne inaugurato nel 2005 ma solo molti anni dopo emerse che l’argine a protezione dell’insediamento era più corto e meno alto di quanto previsto nel progetto. Viene da chiedersi come mai nessuno avesse effettuato controlli, visto che i frequentatori del complesso sono stati esposti a lungo a un potenziale rischio senza saperlo».
Nel 2013, dopo gli interventi del WWF nelle sedute del Comitato VIA, l’autorità di Bacino affidò lo studio, consegnato a ottobre, grazie al quale emersero le criticità dell’argine, insicuro per quanto riguarda il rischio di inondazione dell’area commerciale, che comunque continuò la sua attività sino a quando, nei primi giorni di dicembre, una piccola alluvione indusse il sindaco allora in carica a emettere un’ordinanza di chiusura di Megalò per alcuni giorni.
Oggi sono in funzione sistemi di allarme mentre l’argine è stato innalzato con strutture in ferro e con l’istallazione di “porte vinciane” che in caso di emergenza possono isolare l’area e proteggerla da esondazioni, tutt’altro che improbabili in epoca di cambiamenti climatici e con la presenza, pochi chilometri a monte, della diga di Alanno. Sistema d’allarme, pompe per rigettare l’acqua in eccesso nel fiume e innalzamento in ferro di una barriera dotata anche di porte vinciane dovrebbero rassicurarci? «Immaginiamo – si chiede Nicoletta Di Francesco – che cosa potrebbe accadere in caso di un’alluvione: suona l’allarme, le persone che frequentano il Centro commerciale, gli addetti ai lavori, che cosa fanno? Che cosa fareste voi? Cercheranno di raggiungere le auto uscendo dai tre ingressi in maniera ordinata? Oppure si creerà un fuggi fuggi a caso con ingorghi e tamponamenti? E se la chiusura delle porte lasciasse auto e cittadini intrappolati? Non si rischia che l’unico intervento possibile possa essere quello del trasbordo con elicotteri come è avvenuto, nello stesso posto, con un pastore e le sue pecore in una alluvione nel 1992? Non dimentichiamo che il parcheggio del centro commerciale, benché prossimo a edifici molto frequentati, non è stato previsto come area di attesa-ammassamento-ricovero nel Piano di Protezione Civile del Comune di Chieti proprio perché esondabile, quindi essa stessa a rischio. Qualcuno si è posto questi problemi e ha previsto ogni possibile scenario?».
Le scelte degli uffici regionali a danno del capoluogo teatino vanno anche oltre: pochi giorni prima del parere favorevole per Mirò è stato approvato, nonostante i pareri negativi del Comune e della ASL e le osservazioni in opposizione del WWF, un progetto, per un impianto, a pochissima distanza e anch’esso in area esondabile, per il trattamento di rifiuti non pericolosi (fresato stradale) con ulteriore danno per la qualità dell’aria.
«Un motivo in più – conclude – perché l’amministrazione municipale intervenga in difesa dei suoi cittadini C’è peraltro anche da chiedersi dove andrebbero tutte quelle persone se non ci fossero i centri commerciali. Ritornerebbero a rivitalizzare la città, riconquistandola e non riducendola a semplice dormitorio. Anche per questo è urgente che sindaco, Giunta e lo stesso consiglio comunale, al di là degli schieramenti politici, si muovano. Non è possibile che, dopo il Giudizio del Comitato di Valutazione di Impatto Ambientale su Mirò, si dica semplicemente “Veglieremo perché leggi e procedure vengano strettamente applicate per dare valore alle tutele ambientali sui luoghi e a quelle commerciali per il tessuto economico cittadino”. Non basta. Occorre tutelare ogni aspetto compreso quello sulla sicurezza dei luoghi. Il Comune dovrebbe essere sempre parte attiva nella gestione del territorio e partecipare agli incontri del Comitato VIA per il progetti che lo riguardano, a tutela dei veri interessi della città, anche attraverso vie giudiziarie. Non si può restare fermi a guardare».