L’Aquila. “Quello di Alfredo Cospito è un caso inedito e per la sua situazione non ci sono protocolli nè certezze alle quali fare riferimento, sebbene le volontà sul ‘fine vita’ espresse da una persona, anche se detenuta, vadano rispettate, stento a vedere un profilo di responsabilità penale o disciplinare qualora intervenisse la decisione del magistrato a salvaguardia della vita di Cospito, se le sue condizioni di salute dovessero ulteriormente precipitare”.
È il parere dell’avvocato Cesare Antetomaso dell’associazione dei Giuristi democratici, da sempre molto attento alla tutela dei diritti umani nelle carceri e nei centri di permanenza dei migranti. “Il magistrato di sorveglianza ha la responsabilità della custodia delle persone recluse e deve tutelare il bene supremo della vita, penso che alla fine – prosegue il giurista – prevarrà questo aspetto nonostante tutte le diffide e le volontà espresse dal diretto interessato tramite il suo legale”.
Sulla situazione che si è venuta a creare, con Cospito arrivato al giorno 109 di sciopero della fame contro il 41bis e ricoverato da lunedì nel centro clinico del carcere di Opera in condizioni sempre più drammatiche, “non credo ci siano certezze, posso solo immaginare la grande sofferenza con la quale il collega Flavio Rossi Albertini ha inoltrato la diffida al ricorso all’alimentazione forzata”. “Si tratta di una volontà espressa a chiare lettere da Cospito tramite il suo legale che è l’ultima barriera che lotta per il rispetto del volere del detenuto, ma il magistrato di sorveglianza ha un dovere che è abbastanza chiaro e temo che non possa fare diversamente che intervenire per fare tutto il possibile per mantenere questa persona in vita, quando si arriverà al limite”.