Vasto. “Cercate un ponte, cercate il mare”. E’ il suggerimento dato agli investigatori sin dalle prime ore dalla scomparsa di Eleonora Gizzi, la 34enne educatrice di Vasto che si era allontanata spontaneamente lo scorso 28 marzo, da Mafalda Cipulli, neurologa in servizio presso l’ospedale civile di Vasto, che aveva conosciuto la ragazza personalmente. Il cadavere ritrovato sotto il viadotto dell’A14 porta a pensare che si tratti proprio di Eleonora, ma l’autopsia eseguita ieri pomeriggio ancora non ha dato nessuna conferma, la certezza che il corpo è quello della maestra lo darà soltanto l’esame del dna, bisognerà dunque attendere 5 giorni. Solo la comparazione del Dna prelevato sul corpo ieri sera dal medico legale, Cristian D’Ovidio, con quello della saliva dei genitori di Eleonora, Italo Gizzi e Grazia Marinucci, chiarirà il tragico mistero. L’autopsia eseguita su ordine del pm,Giuseppe Bellelli, nell’obitorio dell’ospedale clinicizzato di Chieti, è durata ben 8 ore. Le prime risposte fornite dall’esame sono che il corpo appartiene sicuramente ad una donna e che i tempi intercorsi fra il decesso ed il ritrovamento corrispondono a quelli della scomparsa della maestra. Gli investigatori vogliono verificare la compatibilità per dare un nome e un cognome al quel corpo scheletrito per il troppo tempo sottoposto agli agenti atmosferici e che era lì sicuramente da aprile. La zona, che è recitata, è stata sottoposta a sequestro giudiziale da parte della Procura di Vasto. In quella zona, che dista un paio di chilometri dall’abitazione della famiglia Gizzi, era stata battuta dai volontari e dalle forze dell’ordine impegnati nelle ricerche di Eleonora. Il corpo rinvenuto sotto il viadotto era in posizione fetale adagiato su dei cartoni, come in un giaciglio, un rudimentale letto dove trascorrere la notte. Viadotto che è collocato in linea d’aria a due chilometri da via San Michele numero 69 dove Eleonora abitava con il padre e la madre a Vasto. Viadotto da cui si può guardare il golfo lunato di Vasto e intravedere l’abitazione della famiglia Gizzi. “Eleonora mi aveva confidato – afferma il neurologo – che nei momenti di sofferenza personale amava chiudersi in se stessa e isolarsi sotto un ponte in prossimità del mare, perché solo così poteva sollevare la sua sofferenza e meditare sulla sua vita”. Perché il ponte e perché il mare. “Io glielo chiesi. Il ponte serviva a congiungere due posti da una parte la sua anima tormentata da una vita di routine considerando la sua fragile e giovane età e dall’altra la voglia di essere una persona diversa non seguendo la corrente della normalità e delle consetuedini. Il ponte era quindi l’unione di queste due forze che combattevano dentro di lei. Il mare, invece, rappresentava lo spazio libero in cui lei poteva o sperava di muoversi”. La domanda che qualcuno si pone e semmai ci fosse stata la convinzione della fuga per sempre di Eleonora. “Sì all’inizio – prosegue Mafalda Cipulli – ho pensato che fosse riuscita a realizzare il suo sogno di cambiare la propria vita e assecondare i desideri reconditi e che una delle due forze avesse avuto il sopravvento. Senza avere più punti di contatto con la famiglia e con il mondo in cui viveva”. Mantenendo vive le flebili speranze che non possa essere suo quel corpo senza vita rinvenuto in via Salce, le sembra normale un distacco dalla famiglia senza nemmeno più alcuna comunicazione in tutto questo tempo? ”Non è normale, pur considerando tutte le ipotesi, l’aver mantenuto sinora un silenzio così lungo e determinato con i suoi genitori e il suo mondo che in fondo amava seppur in perenne conflitto con se stessa”.
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