“Il mondo degli operatori sanitari impegnati nell’emergenza Covid-19 si è accorto delle mancette inserite nelle misure per la Sanità nel testo della Legge di Bilancio e, comprensibilmente, ne è rimasto deluso”.
“La delusione è forte soprattutto per quanto riguarda gli infermieri del Ssn, tra le cui fila continuano ad aumentare contagi e decessi, i quali dovrebbero vedersi riconosciuta un’indennità specifica dal 1 gennaio 2021 che equivarrebbe ad un buon caffè caldo (o freddo in base alla stagione) al giorno”, dichiarano dal direttivo nazionale Uls Unione Lavoratori Sanità, Anna Rita Amato e Antonino Gentile.
Lo stanziamento di 335 milioni di euro , così si legge, “Ai fini del riconoscimento e della valorizzazione delle competenze e delle specifiche attività svolte, agli infermieri dipendenti dalle aziende e dagli enti del Servizio Sanitario nazionale, nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale del triennio 2019- 2021 relativa al comparto sanità è definita, nei limiti dell’importo complessivo annuo lordo amministrazione di 335 milioni di euro, una indennità di specificità infermieristica da riconoscere al predetto personale con decorrenza dal 1° gennaio 2021 quale parte del trattamento economico fondamentale” andrebbe in buona sostanza a tramutarsi in una vergognosa mancetta giornaliera per coloro i quali sono la spina dorsale della Sanità e che lo stesso premier Conte ringraziava lusingandoli nei propri discorsi con tanto di promesse foriere di riconoscimenti”.
“Per completare il quadro il Governo ha pensato bene di dimenticare le altre professioni sanitarie che lavorano ogni giorno negli ospedali, anche accreditati, con ovvio e comprensibile scontento. Ai medici invece è stato aumentato del 27% l’importo annuo lordo, per una spesa pubblica di 500 milioni di euro. Vorremmo che la si finisse di usare questi provvedimenti spot, lontani retaggi di una vecchia politica a suon di mance, che creano disvalore tra professionisti e umiliano i Lavoratori”, concludono i sindacalisti Amato e Gentile, “e si programmasse un adeguamento serio della professione Infermieristica, della sua organizzazione, dei rapporti Infermiere/paziente, delle tutele sul posto di lavoro, degli stipendi misurati sui parametri della responsabilità/professionalità e della possibilità di
andare in pensione a 60 anni in quanto professioni usuranti. Gli Infermieri italiani non si sono tirati indietro di fronte all’emergenza, stanno combattendo una battaglia immane per non far crollare nel baratro il Paese. Il Governo ne tenga conto e si rimetta in tasca quell’obolo che svilisce i professionisti”.