L’Aquila. “Ho chiesto all’azienda sanitaria che laddove ci siano certificati strategici di fare i dovuti controlli con le istituzioni preposte, sia nei confonti del medico sia nei confonti del paziente. Questo fenomeno infanga la dignità della categoria che nella stragrande maggioranza sta onorando la missione, non deve accadere che per alcuni ci rimette la faccia chi lavora, vorrei che si facesse chiarezza sui comportamenti”. Così il primario del reparto di rianimazione dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila, Franco Marinangeli, sul fenomeno del ricorso, ritenuto eccessivo dai tecnici, al certificato medico per assentarsi dal lavoro da parte dei sanitari anche in strutture in prima linea nella emergenza coronavirus.
“Faccio appello ad un atteggiamento etico, questa situazione non piace a nessuno, nessuno vorrebbe essere eroe, ognuno vorrebbe andare a lavorare solo in tempi di pace, però quando capita la guerra, il Giuramento di Ippocrate vale lo stesso e, siccome ci siamo impegnati tutti, mettiamoci una mano sulla coscienza”, spiega ancora con toni decisi Marinangeli, “siccome si stanno palesando numerosi certificati, bisogna mettere in campo i dovuti controlli per evitare che questa situazione venga strumentalizzata, altrimenti anche chi sta lavorando in trincea, si sentirà solo e meno motivato: se si sceglie di fare questo mestiere non si può mandare un certificato a cuor leggero”.
“In questi giorni la governance abruzzese della sanità sta registrando un aumento”, continua il primario, “per alcuni preoccupante, dei certificati medici: sono decine i sanitari che lo inviano anche in risposta ad ordini di servizio. Un dato che si aggiunge alla difficoltà di reperire medici, infermieri ed altri operaratori anche con avvisi pubblici. “Le persone che lavorano vanno incoraggiate, se lasciamo passare certi messaggi e nessuno si indigna e denuncia, coloro che sono esposti si demotivano, addirittura sentendosi stupidi. Non deve accadere che veniamo considerati eroi, semplicemente i medici si rendono utili ma naturalmente devono essere tutelati sul fronte di attrezzature e dispositivi che non possono mancare visto che siamo in guerra. Se non ci dovessero essere anche io ed i miei colleghi ci rifiuteremmo di lavorare, i dispositivi di sicurezza sono la prima cosa, ma da questo punto di vista la situazione sta gradualmente migliorando”.
Secondo il rianimatore “in questo momento manca più personale che attrezzature, che cominciano ad arrivare, qualora ci fosse il picco forte potremmo smontare le attrezzature respiratorie in alcuni blocchi operatori, oppure requisirle nelle cliniche private. Ma professionisti qualificati e formati da utilizzare in strutture in prima linea nella emergenza, non si inventa quindi non si può perdere nessuno”, conclude Marinangeli, tra i più attivi nell’opera, anche fisica, messa in campo nella riapertura a tempo di record del G8, il piccolo ospedale realizzato dopo il terremoto del 2009 per l’evento mondiale, dove è stato insediato il covid-hospital di terapia intensiva che arriveranno gradualmente e stretto giro ad almeno 30.

