L’Aquila. Quando si parla di Coronavirus su Twitter le persone che tendono ad avere un linguaggio più forte, usando ad esempio termini come ‘virus cinese’, sono in maggioranza maschi, vivono in
contesti rurali o suburbani e sono utilizzatori del social da meno tempo.
Lo hanno affermato due studi condotti dalla University of Rochestere pubblicati dalla rivista Ieee Transactions on Big Data, secondo cui chi usa termini meno neutri ha una maggiore probabilità di esprimere sentimenti negativi come rabbia o pessimismo. Nella ricerca sono stati analizzati oltre un milione di tweet da circa 600mila utilizzatori con un linguaggio forte, confrontati con 16 milioni da 500mila utilizzatori con parole ‘neutre’, postati tra il 23 e il 26 marzo.
Le donne hanno una maggiore propensione ad utilizzare il linguaggio neutro (nel 46% dei tweet analizzaati), rispetto a quello ‘caricato’ (38%). Chi vive in città usa dei termini più moderati così come chi ha un uso di Twitter da più tempo, con un”età’ media del profilo che è un anno più bassa per chi utilizza di più termini razzisti. L’utilizzo del termine ‘virus cinese’, sottolinea lo studio, ha avuto un’impennata dopo che il termine ‘chinese flu’ è stato usato da Donald Trump, e chi usa questa espressione ha una maggiore probabilità di essere un follower del presidente Usa.
“Pensiamo che sia importante per i leader”,ha affermato Jiebo Luo, l’autore principale, “sapere che
c’è una correlazione tra le loro azioni e quelle dei loro follower”.