“Quello causato dalla pandemia è uno stress che non è stato puntiforme, come un terremoto o un’alluvione, è uno stress che si prolunga per oltre un anno e ci accompagnerà per un anno e mezzo
circa, e stiamo mettendo in atto strategie di adattamento che lasceranno il segno in futuro, alcune probabilmente in maniera permanente”. Lo ha affermato il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro durante un forum.
“Certamente quello che abbiamo imparato è che la prevenzione è il momento cruciale del sistema: una volta questo concetto veniva più declinato come visione ma non si facevano investimenti specifici, oggi è molto chiaro che il concetto di prevenzione è fondamentale, se non investiamo su questo livello il rischio è elevato. La prevenzione ha il vantaggio di evitare a priori che determinati scenari si manifestino, ha lo svantaggio che quando funziona molto bene non si vede, e questo è un elemento critico che da sempre la caratterizza. Oggi questo è percepito da parte di tutti, come è percepito che
investire su salute e benessere è un modo per garantire la ricchezza dei nostri paesi e delle nostre comunità. La sanità del futuro vedrà insieme tecnologie e relazioni sociali. Sappiamo che possiamo
vivere bene anche con disabilità o quando diventiamo anziani grazie a un insieme di tecnologie e relazioni che ci aiutano a recuperare quel margine di autosufficienza che perdiamo. La sanità del futuro ci vedrà immersi in una serie di relazioni e tecnologie per accompagnarci dove perdiamo di autosufficienza, quindi fortemente ancorata a una tecnologia che ci aiuti a fare scelte ma anche a un’interazione forte con le persone. La sfida è dare a questa sanità la possibilità di essere fruita in tutte le parti del Paese in maniera uniforme, se riusciremo a garantirlo sarà una grande evoluzione del sistema sanitario nazionale che anche oggi ci consente di avere età media più avanzata ma che ha margini di miglioramento sulla vita media priva di disabilità. In questo senso credo che anche l’opportunità del recovery fund sia una grande opportunità che dobbiamo sfruttare al meglio”.
“Dalla pandemia di Covid-19 sta arrivando una forte spinta alla tecnologia, che però va messa a sistema. Questa pandemia è uno stress test che ha messo in evidenza le criticità dei nostri sistemi, nazionali e internazionali, e la nostra capacità di reazione. Credo che il messaggio che stiamo
valutando con forza, sia rispetto agli aspetti di intelligenza artificiale che rispetto alla gestione dei sistemi informativi, è la grande capacità, che è avvenuta in brevissimo lasso di tempo, di migrare, di far decollare sistemi di comunicazione da remoto in molti ambiti e farli diventare in molte situazioni quasi una prassi. Ovviamente questo è un elemento molto importante e che merita anche un approfondimento rispetto agli impatti, dal telelavoro alla didattica a distanza. Accanto a questo ci sono una serie di sperimentazioni che stanno avvenendo più a livello locale legate alla telemedicina o ad altri monitoraggi per garantire l’assistenza a livello locale. Il punto è portare a sistema tutte queste esperienze, è la sfida che ci aspetta, temo che il fatto che l’epidemia si stia dilungando e durerà ancora per mesi ci dà la grande opportunità di spingere moltissimo su questa evoluzione. Quando introduciamo nuove tecnologie in realtà non è solo un problema tecnologico, cambiamo anche il nostro modo di relazionarci e di pensare. Un’importante riflessione è pensarli da un punto di vista sociotecnico, in cui la tecnologia si sposa con cambiamenti sociali e comportamentali. Grazie a questi strumenti potremo migliorare salute e benessere, ma questi due elementi sono tra loro estremamente importanti”.