Pescara. Inquinamento, mobilità, tipo di assistenza sul territorio e presenza di Rsa non protette. Sono questi i fattori di rischio individuati in uno studio che ha permesso di tracciare un ‘”Atlante Covid-19″ sulla geografia del contagio in Italia presentato oggi al Cnr. Dalle mappe emergono tre Italie: a partire dal primo momento fino ad arrivare a giugno 2020 la propagazione virale si è intensificata significativamente nei territori inizialmente più colpiti e ha mantenuto – col passare dei mesi – la stessa proporzione tra Nord e Sud. La Pianura Padana è “l’epicentro epidemico” sia per numeri assoluti che mortalità e gravità.
Nel dettaglio, la mappa relativa alla fine di marzo, evidenzia tre situazioni epidemiche distinte: l’Italia settentrionale, con un elevato numero assoluto di contagi, vede al centro la Lombardia con le province di Milano, Bergamo e Brescia; l’Italia centrale, mostra un contagio sostenuto esclusivamente a Roma e in alcune province delle Marche; e, infine, l’Italia meridionale, con le isole, che registra un contagio lieve. Nella mappa riferita a fine aprile, l’intensificazione del contagio riguarda le province settentrionali e quelle limitrofe: dalla Lombardia il virus si è diffuso in alcune province del Piemonte.
Nella seconda ondata, infatti, il contagio si è diffuso interessando tutta la Penisola con picchi nelle grandi città
(Roma, Napoli, Firenze, Palermo) e nelle regioni turistiche come la Sardegna o il Trentino-Alto Adige.
Successivamente, la diffusione si è ulteriormente complicata con l’arrivo di varianti che hanno aumentato la
contagiosità del virus facendola diventare molto complessa. “Va tuttavia notato – dicono i ricercatori Emanuela
Casti dell’Università di Bergamo, e Andrea Riggio dell’Università di Cassino – che la Lombardia non ha mai
perso il suo triste ruolo di epicentro epidemico italiano”.
In particolare le carte analizzate nell’Atlante non riguardano esclusivamente il monitoraggio del contagio in Italia, ma lo prospettano nella sua evoluzione in relazione ad alcuni fattori territoriali, fisici e sociali. Dallo studio è emerso che i fattori morfologici e climatici che influiscono sull’inquinamento e quelli abitativi che influiscono sulla densità e sulla mobilità degli abitanti rappresentano cause favorenti il contagio; in rilievo poi le fragilità del sistema assistenziale e sanitario della Penisola, “nel momento in cui il virus ha potuto propagarsi sia internamente agli ospedali sia alle Rsa”.
“L’epidemia – riferiscono gli esperti – ha sottolineato che il vivere reticolare va ripensato e gestito per evitare i
rischi appena trascorsi, soprattutto nelle regioni particolarmente dinamiche e internazionalizzate, come quelle
del Nord Italia o nelle aree metropolitane; allo stesso tempo, però, ha messo in rilievo che i territori interni,
considerati depressi o ‘arretrati’ rispetto allo sviluppo, sono stati o meno colpiti o hanno avuto più possibilità di
difesa. L’epidemia ha evidenziato che le carenze di infrastrutturazione delle aree a basso tasso di urbanità vanno
ripensate sulla base di un nuovo modello di abitare il territorio che si discosti da quello padano”