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Coronavirus, Cauda: puntiamo al 60% di immunizzati a luglio, trovare un vaccino per i più piccoli

Giulia Antenucci di Giulia Antenucci
27 Marzo 2021
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Per il professor Roberto Cauda, direttore dell’Unità operativa di Malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma, “a giugno potremo tornare in vacanza. Restando prudenti, usando le mascherine” e “velocizzando il ritmo delle vaccinazioni” dice in un’intervista a ‘Il Messaggero’. Il lockdown “porta sicuramente risultati dal punto di vista epidemiologico, ma non può durare per sempre – spiega – serve un colpo di reni. E mi sembra di vederlo. Il mio non è ottimismo, ma realismo. Abbiamo la vaccinazione anti Covid già avviata”.

Non hanno molto senso, per Cauda “le polemiche sull’efficacia dei vaccini, il 70, l’80, il 90%. In realtà i prodotti che stiamo utilizzando sono tutti buoni e sicuri”. E’ giusto guardare con interesse anche a Sputnik V, al vaccino cinese e “prosegue la sperimentazione per ReiThera, il vaccino italiano. Avremo molte opzioni contro il Covid”. Già si viaggia a “230mila vaccinazioni al giorno, penso che si possa andare a un incremento importante. Se raggiungeremo l’obiettivo dichiarato del 60% degli italiani vaccinati a luglio”, allora “avremo un’estate migliore di quella del 2020”. Certo, “servono le dosi, servono i centri vaccinali e servono i vaccinatori”. Uno studio condotto sulla rivista americana Cid (Clinical Infectious Diseases) “dice che i soggetti che avevano avuto la malattia in forma moderata o lieve, e dunque che teoricamente dovrebbero avere una minore presenza di anticorpi, hanno una persistenza degli anticorpi stessi per almeno 7-10 mesi”.

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Inoltre “c’è una immunità cellulare che potrebbe vicariare producendo a sua volta anticorpi nel tempo. Se tutto questo non funzionasse, abbiamo una macchina vaccinale già messa in piedi che può ripetere ogni anno l’operazione, mentre Federfarma ha dato la disponibilità per la produzione in Italia di vaccini”. In ultimo, “sarà anche necessario trovare un vaccino per i più piccoli, per i bambini: è vero che per fortuna di solito non sviluppano la malattia, ma possono diventare una sorta di serbatoio del virus in cui si rischia la produzione di varianti”.

Tags: coronavirus
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