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Conflitto in Ucraina: la guerra influenza il consenso per i partiti italiani, ecco il sondaggio

Alessandra Ciciotti di Alessandra Ciciotti
11 Marzo 2022
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Roma. Il “congelamento” della politica italiana seguìto all’invasione russa dell’Ucraina prosegue.

Non ci riferiamo all’attività di governo e parlamento o alle iniziative dei partiti (è di ieri il Question Time del premier Draghi alla Camera, mentre si moltiplicano le manifestazioni organizzate e/o partecipate da leader ed esponenti di vari partiti).

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Il congelamento riguarda invece i movimenti relativi alle intenzioni di voto, che sembrano essere immobili dall’inizio del conflitto, in assenza di un dibattito pubblico quotidiano sulle questioni divisive “tradizionali”.

Così, dopo 14 giorni e 8 nuovi sondaggi pubblicati, in prima posizione troviamo sempre il Partito Democratico con il 21,5% delle preferenze, seguito da Fratelli d’Italia al 20,3%. Terzo partito, con un ritardo di 3 punti dall’alleato/competitor di centrodestra, è la Lega (17,2%) mentre il Movimento 5 Stelle arretra ancora, leggermente (-0,2%) ma quanto basta a stabilire un nuovo record negativo per l’attuale legislatura: 13,8%.

Vanno un po’ meglio i partiti “intermedi” (come peso, ma anche come posizionamento politico): Forza Italia, con l’8,5%, fa segnare il suo miglior dato dalle Europee 2019, mentre la federazione tra Azione e Più Europa arriva a sfiorare il 5%. Da segnalare il momento non particolarmente felice per le due liste di sinistra, Articolo 1-MDP e Sinistra Italiana, entrambe sotto il 2%. Nel complesso, per l’area a sinistra del PD (l’ex LeU per intenderci) non è un dato pessimo; ma la divisione tra le due liste rende complicato immaginare una prospettiva elettorale di successo, a meno di una riforma che modifichi la soglia di sbarramento dell’attuale sistema di voto (3%).

Se si prendono in considerazione le aggregazioni (intese come coalizioni elettorali) delle ultime elezioni politiche, si nota bene come in questi 4 anni, da quando è iniziata la legislatura, l’area di centrosinistra “tradizionale” abbia progressivamente eroso consensi al M5S, che aveva già subito un grosso smottamento verso il centrodestra a cavallo tra il 2018 e il 2019, perdendo elettori che non ha più recuperato una volta formato il governo Conte II con il PD.

Ma, come abbiamo anticipato, la stretta attualità con cui abbiamo a che fare oggi non facilita movimenti e dinamiche di tipo posizionale/ideologico.

Lo abbiamo visto già nelle scorse settimane, registrando un orientamento pressoché unanime da parte degli italiani sulle valutazioni relative alla guerra scatenata da Putin.

E lo vediamo anche oggi, constatando il “picconamento” di quello che negli anni scorsi pareva essere diventato uno dei principali assi (se non il principale asse) della politica italiana: europeismo versus anti-europeismo.

Come già avvenuto per certi versi durante l’emergenza Covid, la guerra in Ucraina sta infatti spingendo i governi europei (e gli stessi cittadini) verso la ricerca di una maggiore unità, per poter meglio fare i conti con i problemi che nessun paese, da solo, potrebbe affrontare efficacemente. Secondo l’ultimo sondaggio SWG, quasi 2 italiani su 3 condividono l’idea che nella questione bellica l’Unione Europea debba agire in modo unitario, senza lasciare spazio ai distinguo dei singoli stati membri.

L’orientamento – come prevedibile, e come spesso avviene anche su altre questioni – non è uniforme su tutto lo spettro politico: a condividere questa visione “unitaria” sono in modo più marcato gli elettori di centrosinistra (90% degli elettori PD), mentre a destra è molto meno condivisa, ma – ed è questa la novità – comunque maggioritaria, superando il 50% sia tra gli elettori leghisti che tra quelli di FDI.

Ancora più indicativo è poi il dato relativo all’ipotesi della creazione di un esercito europeo, idea sul tavolo da molti anni ma che fatica a trovare concreta attuazione per le resistenze dei singoli stati membri: ad oggi, secondo SWG, questa ipotesi piace al 57% degli italiani, più del doppio rispetto a quanti (27%) non la condividono. Degno di nota è anche il fatto che rispetto al 2019 la quota di favorevoli sia cresciuta di ben 11 punti percentuali.

L’opinione pubblica si sta spostando velocemente, quindi, e non solo in Italia. Come abbiamo visto la scorsa settimana, la guerra impone ai cittadini di ripensare rapidamente le proprie priorità (e quindi la propria posizione) su molti temi.

E questo si vede bene, ad esempio, in Germania, paese che fin dalla fine della Seconda guerra mondiale aveva investito ben poco nelle proprie forze armate, e che ha invece recentemente aumentato la propria di investimenti nella difesa fino al 2% del proprio PIL (come da anni richiesto, finora senza successo, dagli Stati Uniti agli altri paesi alleati della NATO).

Un cambiamento che è stato accompagnato da un’evoluzione anche dell’opinione pubblica, se è vero che – come mostrano i dati dell’istituto Infratest Dimap – nel corso dell’ultimo mese i cittadini tedeschi favorevoli all’invio di materiale bellico all’Ucraina sono cresciuti drasticamente, passando dal 20% al 61%.

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